“La sensazione è proprio quella di essere in un’altra città. Che poi se mi chiedessero quale, nemmeno saprei rispondere. Lì per lì forse Zurigo, ma poi se mi volto mi viene in mente il venditore di gabbiani fatti con le cozze del paesino vicino a Lisbona. Per non parlare di quel mercato dell’antiquariato di Sommières, affacciato sul fiume Vidourle, non lontano da Montpellier. Ma potrei continuare. Le emozioni si sovrappongono come sulle tele di Delaunay, di fronte alle quali ti sembra di non capire più nulla, ma nello stesso tempo hai la sensazione di afferrare tutto.
Ci troviamo in un angolo di Torino meravigliosamente artistico e poetico, a due passi dal Tribunale, dalla metro, dal traffico. Qui tutto è silenzio e colori. Dall’esterno PLIN & TAJARIN non ha proprio le sembianze di un ristorante, anzi; pare più una piccola gastronomia che propone piatti da asporto. E in effetti qui, dove è tutto rigorosamente fresco e fatto a mano, i piatti sono anche da asporto. Ma non solo, perché la magia vera è data dal sedersi a questi tavolini dal piano in vetro e decorati con di tutto di più: orologi, libri, foulard di Louis Vuitton, disegni e dipinti. Qui si pranza letteralmente sopra delle opere d’arte. Dici poco…
Entri in questo quadro a metà tra Pollock e Kandinskij: tutto alle pareti evoca rette, forme, colori, disegni, manichini, stampe d’epoca. Un inno al colore in Via Goffredo Casalis. Un inno al colore, e anche alla cucina piemontese. Mario ci accoglie con i suoi capelli alla Einstein e lo sguardo alla Duchamp; guanti bianchi, sorriso elegante, maniere da gentiluomo. Un artista dei plin, perché qui è il signor Mario che prepara:plin, tajarin, focacce, parmigiane, filetti marinati e salsicce al Barolo. Fatto a mano e subito surgelato, fatto a mano con farine biologiche, fatto a mano con una passione e un amore che sono tangibili.
Me ne rendo conto immediatamente, da quel simpatico amuse-bouche iniziale servito con cubetti di focaccia calda.
Un apripista sfizioso e delicato insieme, chiederei il bis ma basta leggere la prima pagina del menu per capire che bisognerebbe provare tutto: plin al barolo e tartufo con sugo d’arrosto; ricotta e nocciole; branzino e patate; fave e cicoria; porri e arachidi; cacio e pepe, a scelta tra 100 grammi per i meno affamati, 150 grammi per i più intelligenti (vi assicuro, chiederete il bis!).
Scelgo ovviamente quelli al barolo e tartufo con sugo d’arrosto nella dose da persona intelligente (cosa non si fa per darsi un tono!): il piatto è generoso, il profumo del tartufo avvolge i plin e il palato, la pasta è fine e il ripieno abbondante. Si individuano i singoli sapori e quel bel sughetto accarezza il tutto come una pennellata.
Procedo con un cuore di filetto al cartoccio con verdurine: la presentazione è scenografica e accattivante, merito di Tiziana che si occupa – magistralmente – della parte estetica. Anche in questo caso si può scegliere la quantità, dalle più piccole per un semplice assaggio ai 250 grammi per gli intenditori. Direi che qui merita essere sia intelligenti sia intenditori! La carne si scioglie in bocca, il mix di piccole verdure sono insaporite con una panna estremamente comfort che colora il piatto. La stagnola non mi permette di fare scarpetta (per fortuna non sono dotata di un cucchiaio altrimenti avrei ovviato al “problema”), ma meglio così, perché anche i dolci meritano la loro attenzione. Opto per due sambajon, al moscato e mandarino, e al marsala, serviti con lingue di gatto naturalmente homemade e preceduti da un altro amuse-buche di pere ubriache nel Barolo. Tutto delizioso e avvolgente.
Potrebbe essere finito qui, ma quando leggo la Carta dei Caffè, e trovo il “Caviale del caffè”, mi concedo ancora questa perla: qualità di Arabica che cresce sulle Montagne Blu della Jamaica, viene conservata nelle botti di legno di quercia (le stesse dei Rum caraibici), ed effettivamente al naso quel lontano sentore di legno, tabacco e spezie si avverte, il tutto molto delicato e piacevole. Ottima scelta.
Mi intrattengo ben oltre il tempo del caffè. “Siete un po’ matti” dico sorridendo al signor Einstein-Duchamp. Loro sono anche editori, appassionati di cucina – quella vera -, di design, di arte e di tennis. Ma sono in divenire, come un fiume in piena, e sono convinta che non appena tornerò a trovarli qualcosa nei loro menu o nella loro piccola opera d’arte da quindici coperti sarà cambiato. Mario mi invita una domenica mattina a preparare i plin secondo la ricetta originaria di sua mamma… Quella stessa ricetta che perdura fino ad oggi e permette a Plin & Tajarin di meravigliare i clienti con piatti della tradizione semplici e mai scontati. Si sente il profumo di casa, di atelier di un pittore; si avverte quell’odore di creatività che in città si sente sempre meno; si chiacchiera con Mario e Tiziana e sembra di essere artisti vagabondi con una valigia piena di pennelli, sfere colorate e plin con farina Kamut (la mia scelta per la prossima volta).
Ci si lascia ispirare da questi due artisti della pasta fresca, dove nulla è lasciato al caso, e tutto trova il baricentro perfetto grazie ai colori e alla sapienza. Esco felice e mi ripeto, ancora una volta, che un cibo è buono e salutare quando ti rende felice. Non c’è altro: nella felicità provata alzandosi da quel tavolino, nella felicità di una chiacchierata con gente un po’ matta come te, nella felicità di quel plin al Barolo si condensa tutta l’essenza di una cucina preziosa e autentica.
Grazie a Plin & Tajarin, ho già voglia di tornare a meravigliarmi insieme a voi!”
Grazie Chiara! E grazie Nordfoodovestest!