IL CLIMA DOPO PARIGI

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cop21

 

In pochi pensavano che, dopo i tragici avvenimenti di Parigi, la COP 21 avrebbe potuto riunirsi liberamente e soprattutto arrivare ad una conclusione vera, ad un accordo con impegni e scadenze che dovranno divenire vincolanti per tutti gli Stati firmatari.

Vogliamo credere che dopo Parigi tutti gli Stati del mondo abbiano intrapreso un cammino mirato a contenere il surriscaldamento del pianeta, tra il grado e mezzo ed i due gradi, ovvero accogliere l’obiettivo di zero emissioni nel 2050.
Il cammino per il superamento delle fonti di energia fossile non è facile sia per i paesi che già avevano propri obbiettivi di riduzione e che dovranno ulteriormente ritararsi.
E il caso dell’Europa che già prevedeva la riduzione del 20% entro il 2020 e che dovrà nel decennio successivo ridurre le emissioni fino al 40% in meno, ma sarà ancora più difficile ed impegnativo per quei paesi che sono in ritardo o che solo da ora devono impostare una propria politica di contenimento.

Oltre all’obbiettivo di bloccare il riscaldamento al di sotto del 2%, va ricordato quello di far attivare dalle singole nazioni propri impegni, rivedibili ogni 5 anni, scadenza in corrispondenza della quale vi sarà una verifica generale e comune del sistema attivato.
Per i paesi in via di sviluppo sono stati stanziati 100 miliardi di dollari l’anno per attività di contrapposizione ai cambiamenti climatici, accompagnati da obiettivi di trasparenza e verifica sui risultati conseguiti.
Da sottolineare il ruolo assunto, durante la discussione, da un gruppo di paesi, comprendenti l’Unione Europea, USA, Canada, Australia ed alcuni altri paesi in via di sviluppo, che sono riusciti a far passare alcuni principi ispiratori primo fra tutti quello delle responsabilità comuni, ma differenziate secondo il grado di sviluppo industriale e la capacità di intervento per mitigare le emissioni.

Ciò è avvento partendo e valorizzando i cosiddetti INDC ( (Intended Nationally Determined Contributions) ovvero i documenti che i singoli stati avevano prodotto, contenenti le intenzioni di contribuire al processo generale, determinate a livello delle singole nazioni.
Complessivamente, tutti, commentatori, politici, associazioni ambientaliste, esperti sembrano far prevalere il giudizio positivi sulle delusioni, non un bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto, ma un bicchiere pronto a riempirsi sempre più: ora la parola e l’azione torna nelle singole realtà che, con azioni e comportamenti adeguati, potranno determinare il successo futuro o il fallimento, non di questo accordo, ma della sopravvivenza dell’intera umanità.

Fonte: Officina dell’Ambiente

 

 

 

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