MAÎTRE E SOMMELIER, IL SOGNO DIVENTATO REALTÀ

Figura fondamentale del ristorante di Vercelli Christian & Manuel Elisa Bellavia ci parla del suo cammino e dei suoi desideri. La sala è il suo palcoscenico, il luogo in cui, attraverso la sua innata capacità di accogliere e di raccontare menu e carta dei vini, può attrarre, guidare, soddisfare e convincere i tanti e diversi ospiti-spettatori.

 

 

 

 

Elisa voleva fare questo lavoro e se lo immaginava proprio così: una sorta di viaggio ogni giorno diverso, composto di ristoro, accoglienza e seduzione.

 

“Quando, dopo essermi iscritta all’Istituito Alberghiero, dissi a mio padre, siciliano doc, che avrei scelto come indirizzo servizio di sala, commentò(:) ‘farai la serva a vita’. Gli risposi con convinzione che avrei puntato in alto e non sarei stata una serva, anzi! Avevo ragione. Oggi mio papà non c’è più e non può vedere quello che faccio: sono la voce narrante di uno spettacolo enogastronomico, i cui autori sono due chef unici come Christian e Manuel. Lavoro con loro da quando ho 17 anni, siamo cresciuti insieme”.

 

 

Chiedo a Elisa di tornare indietro e di raccontarci per passi la sua esperienza

 

Ho fatto l’Istituto Alberghiero con Manuel, a Gattinara, succursale di Varallo. I primi tre anni di corso sono comuni a tutte le discipline, poi si decide la specializzazione. Lui scelse cucina e io sala. Finita la scuola abbiamo cominciato a lavorare insieme, guidati da suo fratello Christian, più grande di noi.

 

Christian, creativo e carismatico, ha visto in noi due talenti e, grazie alla sua intuizione e alle sue capacità, ci siamo rivelati una squadra vincente! In realtà io avevo scelto di fare la scuola alberghiera perché avevo il sogno di girare il mondo… poi le cose sono andate diversamente. Non l’ho mai fatto, e oggi è il mondo che viene qui.

 

 

Quindi, hai fatto un’unica esperienza… Buona la prima?!

 

Sì! Ho fatto vari stage con la scuola, ma è un’altra cosa. La vera esperienza è quella che si fa poi, lavorando sul campo, e io l’ho fatta tutta con Christian e Manuel. Quando ho cominciato qui, nel 2005, eravamo giovani e inesperti. Ma Christian ha sempre creduto in noi e ci ha sempre spinti e abbiamo fatto un gran lavoro. Nel 2009, ancora giovanissimi, abbiamo preso la stella Michelin: Christian aveva 29 anni, Manuel 23, io 22.

 

 

Raccontami una tua giornata tipo. Tu continui a fare lo stesso lavoro?

 

Assolutamente! Io accolgo tutti i clienti, racconto la carta. Il mio ruolo è farli star bene, indirizzarli al meglio su che cosa scegliere. Devo capire le persone, le situazioni: ogni tavolo ha la sua storia e bisogna intuire che cosa ognuno desidera nel momento in cui ti avvicini. Il mio compito è farmi dire alla fine del pasto: “grazie, siamo stati bene”. Sono rimasta una persona premurosa, servizievole, in un certo senso. È una caratteristica che mi caratterizza da sempre, anche fuori dalla sala. E penso sia oggi molto rara.

 

 

Quindi tu consigli sia il cibo che il vino?

 

Esattamente. Da sempre. Con due riconoscimenti ufficiali: il primo premio come Emergente Sala del concorso organizzato da Witaly del 2014, e quello come miglior sommelier della Guida 2015 di Identità Golose.

 

 

In questi anni di lunga esperienza che cos’è la cosa che hai imparato a fare meglio?

 

Sono una psicologa, capisco tutti, capisco il momento giusto e sono fortunatissima perché piaccio a tutti, sia uomini che donne, per il mio modo di fare. Quello che ho imparato è stare al mondo.

 

 

E l’entusiasmo c’è ancora?

 

Si. Io sono mamma da 7 anni; se non ci fosse l’entusiasmo non so quante donne farebbero la mia vita. Ovvio, delle volte mi pesa, ad esempio durante le feste, ma allo stesso tempo posso ancora dire che ogni volta che entro in sala sto bene. Devo molto al mio compagno Silvio, che mi ha sempre appoggiata.

 

 

E al di fuori del lavoro, cucini? Ti piace?

 

Assolutamente sì. Io cucino. Non come Christian e Manuel, perché ci vuole tecnica… Faccio piatti buoni ma basici. E il sedermi a tavola è importantissimo per me; mi capita così raramente…

 

Cerco di circondarmi di persone con cui sto bene, e se vado al ristorante, che si tratti di stellati come anche di piccole realtà meno famose, cerco posti in cui si respira passione per il proprio lavoro, un’aria positiva: se sento insofferenza e voglia di essere altrove, non mi godo più l’esperienza. Spesso purtroppo ci dimentichiamo del significato della parola ristoro, di quello che si dovrebbe cercare e trovare in un ristorante: cibo, bevande e riposo per riacquistare le forze.

 

 

Un piatto vostro che ami particolarmente?

 

Io amo molto la carne, buona, e sono una golosa. Nella nostra carta c’è ad esempio un risotto alla piemontese, quindi bianco con burro e grana abbinato a dei cubi di carne cotti 3 giorni, poi scottati per dar loro una crosta, nocciole e sugo di carne… Questo è uno dei miei piatti preferiti.

 

 

Questo lavoro ti ha quindi anche insegnato ad apprezzare la cucina?

 

Son sempre stata una mangiona, mangio tutto e l’unica cosa che non mi piace è lo zafferano; stranissimo, lo so. Per il resto, se trovo nel menu di uno chef un piatto che non amo, come ad esempio il pesce crudo, non mi tiro indietro!

 

 

Sogni per il futuro?

 

Riuscire a fare quello che faccio però stando un po’ di più con la mia bimba; quindi o fare qualcosa in piccolo di mio o, non so, vedremo…

 

Marta Pietroboni

marta.pietroboni@cibiexpo.it

 

 

 

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