L’acqua finisca ovunque ma non nel mio bicchiere di vino… Quante volte avete letto questo cartello nelle osterie italiane? Il segno del cambiamento dei tempi potrebbe essere l’accoglimento di una proposta dell’Unione Europea che permette ai produttori di ridurre il grado alcolico del vino diluendolo con acqua, pratica non prevista da alcun regolamento in nessuno Stato membro dell’UE e quindi illegale.
Se venisse accettata l’idea, sarebbe un pericolosissimo attacco alle pregiate produzioni vitivinicole italiane, in quanto consentirebbe ai produttori di apporre le denominazioni di origine, come IGP e DOP, al vino senza alcol. Ora, la pratica della dealcolazione del vino esiste da anni per quelli generici e consiste nel ridurre il valore di alcol fino a raggiungerne uno di legge che distingue le bevande analcoliche da quelle alcoliche.
Sotto la spinta dei Paesi del nord Europa, nella UE si sta discutendo se includere alcune norme che permetterebbero di estendere le etichette delle denominazioni di origine come DOP e IGP anche ai vini dealcolati.
Il processo di rimozione dell’alcol dal vino non prevede l’utilizzo di sostanze chimiche, bensì di acqua che sostituisce il volume perso in alcol, al fine di ottenere un prodotto “il più possibile simile al vino”. Le moderne tecniche di dealcolazione permettono la produzione di vini con gradazioni alcoliche inferiori sia ai 9 gradi sia a 0,5 gradi, e dunque analcolici, per la cui denominazione di vendita nella UE esiste al momento un vuoto normativo.
Oggi, infatti, nei vari Stati membri tali bevande vengono chiamate in modo non uniforme: si va dal “vino a basso grado alcolico” al generico termine “bevanda a base di vino”, mentre in Italia, correttamente, non viene utilizzato il termine “vino” per prodotti di questo tipo.
Normare la produzione di “vini” dealcolati è un’esigenza del mercato, per il quale la domanda è in costante crescita, potendo costituire un’occasione di nuovi sbocchi commerciali, sia nei Paesi in cui per motivi religiosi viene vietato il consumo di alcolici sia per quei consumatori che non possono assumere alcol per ragioni di salute. Si tratterà tuttavia di dare un nome che non crei confusione.
La meravigliosa cultura del vino ci appartiene da secoli. Se lo annacquiamo, si abbia almeno la compiacenza di non chiamarlo vino. L’Europa lo consentirà? Forse sì o forse no, ma non chiedetelo a un astemio perché non vi risponderà: chi beve acqua, si sa, ha sempre un segreto da nascondere.
Daniela Mainini
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