CAMBIAMENTO CLIMATICO E SALUTE

Esiste una rete, fatta di relazioni ed equilibri creati e modificati nel corso dell’evoluzione, grazie alla quale l’uomo è interdipendente dall’ambiente nel quale vive.

 

 

 

Interdipendenza! Penso sia questa la parola più adatta a descrivere il rapporto esistente tra cambiamenti climatici e salute umana. Nell’ecosistema (insieme degli organismi viventi e dell’ambiente fisico nel quale vivono) tutto è strettamente correlato. Ogni causa produce un effetto, anche su grande scala, anche a grande distanza, anche su una prolungata prospettiva temporale.

La visione consumistica, che per anni ha indotto a considerare l’uomo come sovrano e l’ambiente come risorsa da sfruttare e monetizzare, ha inevitabilmente comportato una serie di effetti negativi, soprattutto a livello climatico. In realtà, i cambiamenti del clima hanno da sempre interessato il nostro pianeta, che nel corso della sua esistenza è stato caratterizzato da un’alternanza di processi di desertificazione e glaciazione.

Tali processi, di origine naturale, hanno permesso di definire, nel corso di migliaia di anni, il concetto di vita così come lo conosciamo noi.

Quindi, è giusto allarmarsi? Assolutamente si!

I cambiamenti climatici attuali, di indubbia origine antropica, hanno effetti globali, sono più intensi e più repentini rispetto a quelli che hanno interessato la Terra primordiale.

Secondo l’ultimo rapporto dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), la produzione di gas serra di origine antropica, dalla rivoluzione industriale in poi, ha modificato il clima a una velocità mai vista prima.

Eventi come l’aumento delle temperature, le precipitazioni sempre più violente e incontrollabili, lo scioglimento delle calotte polari, l’innalzamento del livello dei mari, rappresentano una reale minaccia.

Un clima che cambia modifica il benessere e la salute di specie animali e vegetali, mettendone a serio rischio la sopravvivenza. Altera l’incidenza e la distribuzione di malattie, soprattutto di origine infettiva. Negli ultimi anni, ad esempio, si è assistito a un aumento delle malattie infettive idrotrasmesse, come le gastroenteriti.  Forti piogge e alluvioni, infatti, possono facilmente causare lo straripamento delle acque reflue negli impianti di depurazione con conseguente contaminazione di quelle destinate al consumo umano.

Sostanze fortemente inquinanti e agenti patogeni possono, così, entrare facilmente nella nostra catena alimentare.

Se è vero che una parte del sistema Terra è dilaniata da violente inondazioni, in grado di cancellare in pochi istanti il futuro e il passato di intere popolazioni, è altrettanto vero che un’altra parte è caratterizzata da fenomeni di desertificazione.

La desertificazione, intesa come il “degrado del territorio nelle zone aride, semi aride e sub umide secche”, rappresenta una delle maggiori sfide che gran parte della popolazione mondiale è costretta ad affrontare.

I terreni, privi di acqua, diventano inerti, sterili, del tutto inutilizzabili per l’agricoltura e il pascolo.  Ciò comporta una serie di danni irreversibili alla biodiversità del suolo, con conseguente impoverimento e perdita di raccolti, con derivante innalzamento dell’indice di povertà e malnutrizione.

Quest’ultima, a sua volta, può causare l’insorgenza di malattie come insufficienza cardiaca, disturbi della crescita, cancro e diabete, nonché danneggiare, nei bambini, le funzioni cognitive.

È intuitivo quanto la desertificazione possa essere connessa con il riscaldamento globale, accentuandone gli effetti negativi.

Le alte temperature, oltre a causare danni ambientali, possono generare problemi respiratori e cardiovascolari con maggiore incidenza nella popolazione infantile e senile, nonché aumentare i casi dei tumori della pelle potenzialmente mortali dovuti a una maggiore esposizione ai raggi UV.

A tutto questo, purtroppo, va aggiunta la crescita dell’incidenza di malattie, quali la malaria, dovute alla migrazione di animali vettori da una parte all’altra del nostro pianeta che ampliano così l’area geografica in cui vivono e si riproducono.

La consapevolezza di quanto sta accadendo e di quello che potrebbe succedere può incidere negativamente anche sulla nostra salute mentale, scatenando fenomeni di angoscia, stress e ansia.

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, fra il 2030 e il 2050 i cambiamenti climatici causeranno circa 250.000 morti l’anno. Questo dato è basato su proiezioni di dati raccolti e ricerche scientifiche.

Fortunatamente nulla è perduto: le conseguenze disastrose dovute ai cambiamenti climatici possono essere arrestate; le soluzioni esistono ma necessitano di azioni repentine ed efficaci.

L’Unione europea, con l’accordo di Parigi, si impegna a ridurre le emissioni di gas serra almeno del 55% entro il 2030 e ad arrivare alla neutralità climatica, zero emissioni nette, entro il 2050.

Questo obiettivo è raggiungibile promuovendo, ad esempio, una serie di sovvenzionamenti per promuovere la produzione di energie a basse emissioni, nonché l’utilizzo di fonti alternative come l’idrogeno.

Marina Greco

marina.greco83@hotmail.com

 

 

 

 

 

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