Dal rischio di abbandono alla riscoperta. È la storia del Tintilia, vitigno molisano, ancora troppo poco conosciuto eppure considerato il più rappresentativo della sua terra.
La Tintilia è un’uva a bacca rossa del Molise, le cui origini sono molto antiche, tanto che si hanno poche certezze sulla sua reale provenienza. Tre sono le teorie più note. La prima vorrebbe il vitigno Tintilia di origine spagnola, e la narrazione trova la complicità dell’etimologia: “tinto”, infatti, in spagnolo indica proprio il vino rosso. La seconda lo vorrebbe di origine sarda, chi per somiglianza con il Bovale e chi con il Bovale il Grande (anche questi per molto tempo confusi, ma si tratta di due vitigni differenti). La terza lo farebbe discendere dall’antico Tintiglia Nero, un vitigno campano originario dell’Irpinia, territorio dal quale però purtroppo oggi risulta scomparso.
Rischio che ha corso anche la Tintilia. Infatti, in molti a partire dagli anni Sessanta ne hanno abbandonato la coltivazione in favore di vitigni più produttivi e famosi come Sangiovese e Merlot.
Abbiamo fatto qualche domanda a Claudio Cipressi, vignaiolo dell’omonima cantina, un protagonista del recupero della Tintilia.
Riguardo alle origini di questo vitigno si leggono molte versioni. Cosa c’è di vero e cosa di falso?
Si, le conosco. Si dice che la Tintilia debba il suo nome al fatto di tingere molto, ma si tratta di una credenza popolare sbagliata. In realtà va detto che ha un colore rosso ma non così intenso. Può essere paragonato più facilmente al colore di un Pinot Nero piuttosto che a quello di un Montepulciano. Si dice anche che abbia origine sarda e affinità con il vitigno Bovale. Si tratta però di una confusione, seppur in qualche modo giustificata. Infatti, quando vennero impiantati i primi vigneti, la Tintilia non era ancora iscritta al Registro nazionale delle varietà di vite; allora, sfruttando questa presunta somiglianza, le veniva attribuito il nome di Bovale, un vitigno registrato e che aveva già la DOC. Le analisi genetiche poi hanno dipanato ogni dubbio e dimostrato che non vi è alcuna affinità tra Tintilia e Bovale.
In realtà, quello che sappiamo è che il nome Tintilia proviene dal dialetto Molisano “tntgl” e che la parola indicava già questo particolare vitigno. È certo che abbia origini molto antiche; tutto il resto è incerto.
Un viaggio lungo e con un ruolo importante, quello per il recupero della Tintilia!
Siamo negli anni Novanta quando con l’agronomo Michele Tanno iniziamo a parlare della Tintilia. All’epoca non si conosceva. Era scomparsa intorno agli anni Sessanta a causa della sua scarsa produttività e dello spostamento della viticoltura dalle zone più vocate dell’entroterra ai terreni di pianura che risultavano più agevoli da coltivare. In un primo momento, i nostri discorsi rimasero tali, finché, viaggiando per lavoro, mi trovo a Salcito, vicino a Campobasso, dove conosco dei signori che hanno questo vitigno, il Tintilia, nel loro vigneto. Allora contatto l’agronomo, facciamo tutte le opportune verifiche e selezioniamo alcune viti. Ricordiamo che in quegli anni non avevamo una letteratura che ci consentisse di identificarlo agevolmente. Oggi sappiamo che la Tintilia si distingue per il colore bluastro delle bucce, per il grappolo alato e la forma ovale degli acini. Per alcuni anni facciamo selezione in vigna e microvinificazioni e andiamo avanti così fino al 1996. Nello stesso anno, decidiamo che si tratta di un ottimo vitigno e lo portiamo in vivaio, lo facciamo innestare e nel 1998 impiantiamo i primi vigneti. Inizio con 5 ettari, oggi ne conto 12. All’epoca non era semplice: la Tintilia non era conosciuta; pertanto, non era autorizzata all’impianto né iscritta al Registro. Così lo abbiamo impiantato come Bovale. Nel 2000 otteniamo finalmente l’iscrizione e nel 2001 riusciamo a ottenere la DOC.
Che vino ne deriva?
È un vitigno molto versatile da cui si possono ottenere ottimi vini rossi, rosati e anche spumantizzati. Si contraddistingue per peculiari note speziate, balsamiche. Ha grande freschezza ma ha anche tannino e struttura. Oggi stiamo iniziando a scoprirne la grande longevità.
È stato definito il vino più rappresentativo del Molise.
Certamente. È l’unico vitigno, tra quelli oggi riconosciuti e iscritti al Registro, a essere interamente autoctono; altrimenti parleremmo solo di Montepulciano e di vitigni che però abbiamo in comune con altre regioni. Il Tintilia ha molte caratteristiche particolari e davvero uniche. Meriterebbe di essere maggiormente conosciuto, ma sconta un po’ il fatto di trovarsi in Molise; probabilmente sarebbe più noto se venisse coltivato altrove.
Con Claudio Cipressi avremmo potuto parlare anche di un’altra varietà a bacca bianca, il Morese. Come accade per molti vitigni, è stato scoperto in mezzo ad altri e dovrebbe essere ripercorso lo stesso iter che abbiamo poc’anzi descritto per il Tintilia. Ma resta fermo al palo della burocrazia e delle procedure. Quello che speriamo è di poter raccontare anche questa storia al più presto.
Elisa Alciati