RISO E TARTUFO

Da 8 anni noi Faravelli coltiviamo il principe dei risi, il Carnaroli. Lo raccogliamo a inizio ottobre, lo asciughiamo e lo sottoponiamo a un metodo di essiccazione particolare. Mettiamo il riso fresco in essiccatoio per 12-13 mesi. Ogni 4 mesi lo tiriamo fuori, lo passiamo al setaccio per eliminare le impurità, poi lo rimettiamo dov’era. Il risultato è notevole: eliminando l’umidità interna al chicco, il riso a cottura ultimata non scuoce anzi, lasciato riposare 3 o 4 minuti, diventa ancora più buono. Certo, il suo costo è un po’ più alto ma teniamo conto che è riso italiano.

 

 

 

Le nostre leggi purtroppo non permettono di identificare chiaramente il prodotto nazionale. Un riso di qualità come il nostro, del vercellese o della Lomellina, subisce la concorrenza del prodotto a bassissimo prezzo che arriva dall’Oriente. Bisogna poi dire che per quanto riguarda la qualifica del riso, la legislazione italiana permette che si definiscano “Carnaroli” anche delle sottospecie che non hanno le sue stesse qualità (il Karnak, il Carnise…).

 

Il top è in Piemonte

 

Parliamo adesso di un abbinamento straordinario: riso e tartufo, un’eccellenza che 30 anni fa si consumava quasi esclusivamente nei luoghi di provenienza, come le Langhe piemontesi, e oggi è sui piatti di tutto il mondo. Questo da un lato ha fatto impennare i prezzi, dall’altro ha stimolato l’importazione di prodotti non altrettanto pregiati da altri Paesi come la Slovenia o la Romania. Il top è il tartufo d’Alba, con il suo profumo intenso: non è facile riconoscerlo, bisogna affidarsi a persone esperte. Dato che ho contatti in Piemonte per l’allevamento del bestiame, conosco i trifolai e mi rifornisco direttamente da loro (riuscendo così anche a spuntare un buon prezzo). Comincio la stagione di vendita solo quando arriva il tartufo piemontese, in genere a inizio novembre. Lo consiglio affettato sulla tartare battuta a coltello, sull’uovo “al cereghin” (all’occhio di bue) e naturalmente su un buon risotto.

 

Come conservare il tartufo

 

Sarebbe meglio consumarlo subito, dopo averlo lavato velocemente sotto l’acqua fredda corrente e averlo asciugato bene. Altrimenti consiglio di avvolgerlo in carta da cucina spessa e assorbente e metterlo in frigorifero. A fine novembre-dicembre, un buon tartufo può conservarsi fino a 10 giorni. Se fa più caldo, 2 o 3 giorni. Il tartufo con una forma schiacciata è quello dal sapore più intenso e anche quello che dura di più. Lo “scorzone” estivo, meno pregiato, lo surgelo e lo uso a lamelle per guarnire le nostre preparazioni gastronomiche.

Roberto Faravelli

 

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