OLIO DI PALMA

Per anni è stato al centro di un accanito dibattito. Fa male? È innocuo? La verità, come spesso accade, sta nel mezzo. Partiamo dalle origini… Viene estratto dalla polpa dei frutti della palma da olio, che cresce nei climi tropicali. Dal nocciolo viene invece estratto l’olio di palmisto, di composizione diversa e di qualità nettamente inferiore. L’olio di palma è, quindi, di origine vegetale e potremmo chiederci: perché dovrebbe essere più o meno preferibile, per esempio, all’olio di oliva? Per scoprirlo, esploriamone la composizione.

 

 

Innanzitutto, non esiste la molecola di olio di palma, così come non esiste quella di olio di oliva. I vari oli non sono altro che miscele di componenti più piccole, gli acidi grassi, e sono proprio questi che incideranno sulle caratteristiche finali dell’alimento. In generale, potremmo definire gli acidi grassi come i mattoncini che costituiscono i grassi alimentari (solidi o liquidi), presenti in diverse percentuali. Ad esempio, nell’olio d’oliva domina l’acido oleico (per oltre il 60%); l’acido grasso prevalente nell’olio di palma è l’acido palmitico (43%), seguito dall’acido oleico al 37%, e così via.

Circa la struttura, gli acidi grassi sono molto semplici: sono catene più o meno lunghe di atomi di carbonio collegati tra loro da legami. Possiamo immaginarli come spiedini, dove i pezzetti di carne sono gli atomi di carbonio e gli stuzzicadenti sono i legami. Li distinguiamo l’uno dall’altro, ad esempio l’oleico dal palmitico, sulla base di due caratteristiche principali:

  1. dal numero degli atomi di carbonio (se lo spiedino è più o meno lungo). Ad esempio, l’acido stearico ha 18 atomi di carbonio, l’acido palmitico ne ha 14, e così via;
  2. dai tipi di legame, che possono essere singoli o doppi (ossia uno o due stuzzicadenti tra un pezzo di carne e l’altro). Se nella catena ci sono solo legami singoli, avremo un grasso saturo; se è presente almeno un legame doppio, avremo un grasso monoinsaturo; infine, se ci sono due o più doppi legami, parliamo di grasso polinsaturo.

 

Come rispondere alla domanda iniziale

Quali e quanti acidi grassi ci sono in un grasso alimentare ne determina le caratteristiche chimico-fisiche e in parte anche quelle nutrizionali. Solo così potremo effettivamente chiarire se un olio è migliore di un altro, nonché gli usi e le applicazioni che ne potremo fare in cucina. Infatti:

– gli alimenti con un’alta percentuale di acidi grassi saturi sono solidi a temperatura ambiente (come il burro) e più resistenti ad alti gradi di calore e a fenomeni ossidativi. Questo perché gli acidi grassi saturi sono molecole molto stabili e “compatte” tra loro, essendo costituiti da legami singoli;

– gli alimenti con un’alta percentuale di mono e polinsaturi (come l’olio di girasole) si presentano a temperatura ambiente sotto forma di oli, sono meno resistenti alle alte temperature e più a rischio di ossidazione. Infatti, più doppi legami ci sono più instabile sarà la molecola e più facile “danneggiarla”.

 

 

Alla luce di ciò, che dire sull’olio di palma? Considerando che è costituito per poco più della metà da acidi grassi saturi, questo fa sì che sia molto differente dalla maggior parte degli oli vegetali (prevalentemente composti da mono e polinsaturi) e che si avvicini di più al burro sia per proprietà sia per utilizzo.

Infatti, anche l’olio di palma ha una struttura molto compatta, è solido e meno sensibile alle alte temperature e ai fenomeni ossidativi, al contrario di quasi tutti gli altri oli vegetali. E proprio per queste sue caratteristiche, se da un lato è indubbio che dal punto di vista nutrizionale sia meglio prediligere un olio costituito da grassi mono e polinsaturi (noti per le loro proprietà benefiche e per la riduzione del rischio cardiovascolare e di fenomeni aterosclerotici), è altresì vero che l’olio di palma meglio si presta a cotture ad alte temperature e alla conservazione. Ecco spiegato, ad esempio, perché non condiamo l’insalata con l’olio di palma, ma lo troviamo in moltissimi prodotti industriali da forno.

Basti pensare che il suo punto di fumo (ossia, la temperatura massima, oltre la quale un grasso inizia a deteriorarsi) arriva sino a 250°, mentre, ad esempio, l’olio di girasole non raffinato, costituito prevalentemente da mono e polinsaturi, ha un punto di fumo a 170°. Quindi, se mettiamo un impasto contenente olio di girasole in forno a 220°, ciò che ne uscirà sarà un grasso divenuto trans e cancerogeno. Al contrario, l’olio di palma manterrà inalterate le sue caratteristiche.

Quindi, il consumo occasionale di olio di palma non rappresenta particolari rischi per la salute. Naturalmente, trattandosi di un grasso saturo, va considerato esattamente come tutti gli altri grassi saturi: occhio alle quantità!

Concludiamo con una piccola curiosità: avete mai notato che tra gli ingredienti del latte in polvere per i neonati figura sempre l’olio di palma? Questo perché i preparati devono avvicinarsi il più possibile alla composizione del latte materno, il quale è costituito per quasi il 30% proprio dall’acido palmitico, principale costituente dell’olio di palma!

 

Andrea Fossati

fossatiandrea@centroemmea.it

www.centroemmea.it

 

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