L’UOMO, LA DONNA E IL DIVARIO NUTRIZIONALE DI GENERE

Perché la donna generalmente mangia meno e peggio. Gli individui appartenenti alla società WEIRD (Western, Educated, Industrialized, Rich, Democratic), cioè gli occidentali, rappresentano soltanto il 12% della popolazione mondiale, eppure da un paio di secoli è sulle loro caratteristiche fisiche ed esigenze biologico-sanitarie che vengono calibrate taglie di vestiti, cure mediche, test di funzionamento intellettivo e cognitivo e, ovviamente, diete.

 

 

Fino al 1990 era pratica comune testare i farmaci soltanto sugli uomini, e questo perché in generale i livelli ormonali maschili fluttuano meno di quelli delle donne e permettono una più facile standardizzazione di prodotti e cure. La conseguenza logica è sempre stata quella di penalizzare le donne (o popolazioni non bianche), che si trovavano a dover disporre di medicinali e terapie non perfettamente adatte o non totalmente efficaci.

Allo stesso modo, il divario nutrizionale di genere – e cioè la mancata presa in carico dei bisogni biologici unici di donne e ragazze e le disparità nell’accesso al cibo e ai servizi che si riscontra tra i due sessi – ha influenzato nei secoli (e lo fa ancora oggi, in tantissimi contesti socioculturali) la salute di una moltitudine di esponenti del genere femminile , assegnando loro una posizione di inferiorità in comunità e in famiglia, anche da un punto di vista alimentare. Le norme, i ruoli sociali, le disparità economiche e le pratiche discriminatorie hanno sostenuto, secolo dopo secolo, questa involuzione, a tutt’oggi trascurata. In molte culture, infatti, le donne e le ragazze hanno avuto, e hanno ancora, un accesso al cibo limitato e certamente svantaggiato rispetto ai maschi. Pensate alle dinamiche di una qualsiasi società di tipo patriarcale: le donne mangiano solo dopo gli uomini (finendo quello che resta e, quindi, avendo a disposizione porzioni insufficienti di cibo e, in molti casi, tipi di alimenti meno nutrienti) e sono soggette a restrizioni in caso di determinati generi di ingredienti (ritenuti per loro troppo raffinati e costosi).  Le ragioni di queste pratiche sono da rintracciare nella percezione che gli uomini, capifamiglia o principali sostentatori, abbiano bisogno di più nutrimento, e nel fatto, grave, che le donne – avendo sempre avuto meno accesso alle risorse economiche – si siano generalmente trovate nella condizione di  dipendere dal punto di vista economico e alimentare dagli uomini, data l’impossibilità di acquistare direttamente cibo nutriente, e quindi di non riuscire a far valere le proprie necessità e preferenze e a garantire a se stesse e ai propri figli una dieta adeguata.

Come risolvere il problema? Certamente sensibilizzando le persone, e poi affrontando la questione con un approccio integrato: promuovere l’accesso delle donne alle risorse economiche, all’istruzione e alle opportunità lavorative; implementare politiche che sostengano l’uguaglianza di genere e che proteggano i diritti delle donne; migliorare la consapevolezza sull’importanza dell’alimentazione e favorire cambiamenti nelle norme culturali e sociali; garantire l’accesso ai servizi sanitari e ai cibi necessari, specialmente durante la gravidanza e l’allattamento.

La questione ha delle ricadute importanti a livello nutrizionale e quindi di salute. Malattie come anemia, arresto della crescita, carenze di micronutrienti, deperimento ne sono diretta conseguenza.

A livello globale, i livelli di insicurezza alimentare sono altissimi e i progressi per il genere femminile sono molto lenti. Il rapporto di punta dell’UNICEF del 2023, “Malnutrite e Trascurate: Una Crisi Nutrizionale Globale tra le Ragazze Adolescenti e le Donne”, quantifica la scala e la gravità del problema a livello mondiale: oltre 1 miliardo di loro in tutto il mondo soffrono di malnutrizione. I Paesi e le regioni con i tassi più alti di insufficiente alimentazione infantile e basso peso alla nascita sono anche quelli con i tassi più alti di sottopeso materno. Le madri malnutrite danno alla luce neonati piccoli e vulnerabili, con conseguenti problematiche in termini di sviluppo. Donne in gravidanza e in allattamento e neonati hanno bisogni nutrizionali specifici, che dovrebbero poter essere garantiti. L’UNICEF ha scoperto che in 12 Paesi colpiti da crisi alimentari il numero stimato di donne e ragazze incinte e allattanti gravemente malnutrite è aumentato del 25% tra il 2020 (5,5 milioni) e il 2022 (6,9 milioni).

La loro alimentazione è sproporzionatamente colpita rispetto a quella maschile – altro dato interessante – da conflitti, costo della vita, cambiamento climatico. Questo avviene perché sono le prime a ridurre porzioni e tipologie di cibo assunto per garantire agli altri membri della famiglia un’alimentazione sufficiente e la qualità più alta possibile, anche in situazioni di difficoltà. Spesso, l’avrete osservato anche voi, le donne mangiano per ultime e meno, anche in circostanze normali.

La nutrizione femminile non è stata considerata una priorità nelle politiche e nei programmi di contesti e Paesi diversi. È il momento che venga presa in considerazione.

Marta Pietroboni

marta.pietroboni@cibiexpo.it

 

 

 

 

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