Cercherò di chiarire se la sua assunzione sia un problema per la salute o una strategia consigliabile per il benessere dell’organismo.
Ma cosa contiene una tazza di caffè? Vitamine idrosolubili, in particolare la B3; minerali come potassio, magnesio e fosforo; tracce di fibre solubili; un potente antiossidante naturale, l’acido clorogenico; e, soprattutto, caffeina.
Una tazzina di caffè viene preparata con circa 6 g di polvere che ci porterà ad assumere da 50 a 100 mg di caffeina a seconda del metodo di preparazione e del tipo di miscela. Ma è tanto o poco?
Per ogni alimento è stata stabilita la DL50, ovvero la dose che avvelena mortalmente il 50% dei soggetti che l’hanno assunta (DL50 sta proprio a indicare Dose Letale 50%). Per quanto concerne la caffeina, è stata fissata a 185 mg per kg di peso del soggetto. Questo significa che un uomo di circa 70 Kg per rischiare di avvelenarsi, tenendo conto che un espresso da 30 ml ne contiene circa 100 mg, dovrebbe assumere più di 100 tazze al giorno.
Vista in questi termini, sembrerebbe limpido pensare che quotidianamente si possa assumere caffè a volontà. Viene però da chiedersi se, oltre alla dose letale, altre “dosi”, pur non essendo pericolose per la vita, possano comunque crearci problemi.
Per rispondere a tale domanda, occorre prima analizzare quali siano gli effetti degli elementi contenuti nel caffè sul nostro organismo. Sia il contenuto di vitamine che quello di sali minerali è talmente esiguo da poter essere tranquillamente trascurato. Andranno quindi indagati soltanto quegli elementi che sono presenti in quantità tangibili. Mi riferisco alla caffeina, all’acido clorogenico e a un composto pirrolico che si forma durante la tostatura del caffè, cioè l’acrilammide.
In merito alla caffeina possiamo dire, prima di tutto, che si tratta di un energizzante che aiuta a mantenersi svegli e attivi e svolge un’azione sedativa sul sistema nervoso, eliminando almeno momentaneamente la sensazione di stanchezza.
Sembrerebbe anche in grado di migliorare l’umore grazie alla sua capacità di potenziare la sensibilità alla dopamina (l’ormone dell’euforia) e di avere una funzione epatoprotettrice. Uno studio condotto su 125 mila persone ha dimostrato infatti che, per coloro che consumano abitualmente alcol, una tazza di caffè riduce la probabilità di ammalarsi di cirrosi epatica. La caffeina è uno stimolante della diuresi e favorisce la regolarità intestinale e, inoltre, grazie al suo effetto termogenico, può facilitare il dimagrimento anche grazie all’effetto lipolitico dell’acido clorogenico. A tal proposito, quest’ultimo sarebbe inoltre in grado di ridurre i valori della pressione sanguigna e avrebbe la capacità di limitare l’assorbimento di glucosio a livello intestinale con un effetto benefico per chi ha necessità di perdere peso o avesse problemi di sindrome metabolica.
L’acido citato ha anche proprietà antiossidanti, antinfiammatorie e antibatteriche. Purtroppo, la tostatura del caffè ne riduce di molto la biodisponibilità e l’efficacia, tanto che come integratore si preferisce assumerlo in forma di compresse di caffè verde (com’è prima della tostatura).
A tal proposito, occorre chiarire che proprio il processo di tostatura (o torrefazione) è il responsabile della presenza di acrilammide. Portando i grani di caffè a temperature superiori a 200-220 °C mentre sono in agitazione, determina la formazione di questo composto, che non solo è stato inserito a livello internazionale negli alimenti potenzialmente cancerogeni ma, visto che si forma durante la tostatura e non è presente naturalmente nel caffè, non si trova inserito nell’elenco degli ingredienti sulla confezione. Quindi, quando lo bevete, dovreste adottare alcune attenzioni per cercare di limitare l’assunzione di acrilammide: l’utilizzo di quello solubile, in cui s’ingerisce direttamente la polvere di caffè ottenuta dopo due trattamenti termici (la torrefazione e anche la liofilizzazione), comporta che i livelli di acrilammide siano più elevati. È da preferire perciò il caffè fatto con la macchinetta o la moka; in questi casi se ne trasferisce nella tazzina solo circa il 20% presente nella polvere. E fate attenzione: se vi rendete conto che il caffè ha un sapore o un odore di bruciato, sicuramente contiene alti valori di acrilammide; quindi, meglio buttarlo e rifarlo magari abbassando l’intensità del fuoco sotto la caffettiera.
Ma l’assunzione di questa nostra bevanda nazionale ha anche qualche altro effetto spiacevole?
La caffeina stimola la secrezione gastrica; pertanto,) il caffè è controindicato a chi soffre di ulcera, gastrite o reflusso gastroesofageo. Inoltre, se assunto in dosi eccessive, può causare tachicardia, tremori, nervosismo, irritabilità, aumento della pressione arteriosa e insonnia. Quindi, il consiglio generale è quello di non superare i 250 mg di caffeina al giorno (200 nei soggetti a rischio), che corrispondono a circa 4 espressi (3 in persone sensibili), e di fare attenzione al fatto che la caffeina non è contenuta solo nel caffè ma anche in bibite come la Coca-Cola o altri infusi tipo il tè.
Andrea Fossati