BLOCKCHAIN E CIBO

Blockchain, intelligenza artificiale, Internet of Things (IoT): tra queste tecnologie la capofila è la blockchain che, a detta di molti, è l’unico vero cambiamento di paradigma. Ciò nonostante, è ancora troppo immatura per rappresentare uno standard nel mondo dell’Information Technology.
Tra le potenzialità maggiormente associate alla blockchain vi è indubbiamente la tracciabilità delle filiere, soprattutto nell’agroalimentare.

 

 

 

 

Si legge di società attive nella produzione del vino che documentano la provenienza delle loro bottiglie o di player internazionali della GDO che certificano la filiera di un determinato pollo. Tutte queste “belle notizie” hanno solo un obiettivo: il marketing. Non sono ancora in produzione progetti in grado di dimostrare che la blockchain offra garanzie inconfutabili sulla provenienza, la lavorazione, la corretta conservazione e il trasporto di un bene.

 

 

Gli elementi di complessità

 

I progetti decantati rappresentano solo un modo nuovo per tracciare le informazioni relative a un bene, non il bene stesso. Questo perché ci sono due aspetti importanti e complessi ai quali servirà ancora tempo per essere affrontati con la necessaria “onestà tecnologica”: il primo è che questa metodica gestisce transazioni e asset di tipo digitale; il secondo è che sono pochissimi i casi in cui gli attori di una filiera operano soltanto all’interno di quella specifica filiera.

 

Il primo aspetto può essere superato solo da quella che viene definita comunemente “convergenza tecnologica”, cioè l’opportunità di utilizzare diverse tecnologie capaci di esaltare le caratteristiche di ognuna e mitigarne le mancanze. Esempio lampante: la convergenza tra IoT e blockchain, ovvero la possibilità di rendere “digitale” un bene fisico e di conseguenza poterne tracciare la filiera.

 

Il secondo aspetto (quello della numerosità delle filiere) è legato a concetti insiemistici per cui se un elemento appartiene a più insiemi e se ogni insieme possiede delle regole e degli standard, gli attori devono “adeguarsi” a un numero significativo di filiere, cosa che rende meno “conveniente” la loro partecipazione.

 

Un ultimo elemento è invece di tipo più filosofico: siamo sicuri che tutti gli attori appartenenti al mondo dell’agroalimentare vogliano tracciare in modo univoco e indelebile la storia dei loro prodotti?

Questo non vuol dire che è opportuno fermarsi, ma al contrario che occorre continuare a sperimentare e verificare le opportunità generate dalle nuove tecnologie.

 

Alessandro Turetta

www.nexid.it

 

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