Forse non tutti sanno che gli italiani sono tra i più grandi consumatori al mondo di acqua minerale in bottiglia.
Con circa 13 miliardi di bottiglie e 200 litri pro capite all’anno, siamo al primo posto in Europa e al terzo posto nel mondo dopo Emirati Arabi e Messico. Oggi, sul mercato italiano ci sono circa 250 marchi di acque minerali differenti fra loro per tipologia e quantità di sali minerali; di conseguenza, le relative etichette sono indispensabili per scegliere quella più adatta al proprio organismo.
Si considerano acque minerali naturali quelle che hanno origine da una falda o da un giacimento sotterraneo, che provengono da uno o più sorgenti naturali o perforate, che hanno caratteristiche igieniche particolari e proprietà salutistiche.
Le informazioni obbligatorie da inserire in etichetta sono in particolare: la denominazione legale “acqua minerale naturale”, ossia la tipologia, con le eventuali integrazioni come l‘indicazione “effervescente naturale” o “totalmente degassata”; il nome commerciale, cioè quello della sorgente e della sua ubicazione; la composizione analitica; il contenuto di acqua della confezione; il termine minimo di conservazione. La sigla ‘E’ sta a significare che l’acqua è stata verificata secondo le norme europee.
Particolare importanza riveste la composizione analitica, che fornisce importanti informazioni circa le caratteristiche dell’acqua minerale, come ad esempio il pH, ovvero il grado di acidità, e l’indicazione del contenuto di nitrati e nitriti, che per legge devono rispettare dei limiti ben precisi.
Altri parametri da indicare in etichetta riguardano le concentrazioni dei singoli minerali come bicarbonato, calcio, magnesio, sodio, ferro e fluoro.
Vi è poi il dato sul grado di durezza dell’acqua, ovvero se è più o meno calcarea, nonché quella del residuo fisso, cioè il contenuto di sali, parametro questo in base al quale sono classificate in oligominerale, minimamente mineralizzata, ricca di sali minerali e mediominerale.
Da ultimo, a fronte di un così elevato utilizzo di plastica nel settore, non può non essere posto l’accento sul tema della sostenibilità, di cui tutti parlano ma rispetto al quale molto va ancora fatto ad opera delle Istituzioni pubbliche. Appare oggi più che mai opportuno incentivare il consumo della cosiddetta “acqua del Sindaco” ovvero dell’acqua pubblica, il cui grado di salubrità è affidato ad accurati e stringenti controlli da parte delle Autorità preposte.
Daniela Mainini
www.centrostudigrandemilamo.org
La normativa comunitaria
È stata recepita in Italia attraverso appositi decreti, come il D.L. 8 ottobre 2011, n. 176. Un’ulteriore fonte è costituita dalla direttiva n. 2003/40/CE del 2003, che impone ai produttori limiti di concentrazione più restrittivi sotto il profilo sanitario e tossicologico. Le regole citate riguardano soprattutto le sostanze potenzialmente pericolose presenti nell’acqua. Per esempio, è obbligatoria l’indicazione “acqua sottoposta ad una tecnica di ossidazione all’aria arricchita di ozono”, in quanto tale trattamento potrebbe rilasciare residui di metalli pesanti e arsenico.
Oltre alle indicazioni obbligatorie, vi sono quelle facoltative e pubblicitarie che aiutano a meglio comprendere le caratteristiche principali come, ad esempio, quelle riguardanti gli effetti sull’organismo: “stimola la digestione”, o “può avere effetti diuretici”.