A COME ARANCIA

Oggi la vista delle arance ci porta inevitabilmente con il pensiero alla Sicilia o alla Calabria, regioni inondate di sole, dove ne abbonda la produzione. È infatti nel sud Italia che, dalla metà dell’Ottocento, la coltivazione di arance ha trovato la massima diffusione, permettendo anche un florido commercio estero sia come frutto da tavola che in succo: si pensi che solo in Italia esistono più di venti tipi di arance coltivate.

 

 

 

 

Una delle più famose è l’Arancia rossa di Sicilia, della zona di Siracusa, Catania ed Enna, che nel 1997 ha ottenuto dall’Unione Europea la denominazione “Arancia rossa di Sicilia IGP”.

Anche per questo prezioso agrume non mancano problemi legati alla contraffazione e alle frodi.

 

Note sono le adulterazioni del succo d’arancia contenente zucchero di barbabietola, zucchero di grano, glutammato monosodico, acido ascorbico, solfato di potassio o succhi d’arancia dichiarati italiani ma “tagliati” con succhi di origine estera.

 

Uno dei sequestri più ingenti è avvenuto nel 2013 al porto di Gioia Tauro, dove ben 510 tonnellate di succo di arancia concentrato proveniente dal Brasile sono state bloccate prima di essere etichettate come Made in Italy. Risale invece al 2018 il sequestro, al porto di Catania, di 110 tonnellate di arance egiziane che, grazie alla falsificazione dei relativi documenti, sarebbero diventate nazionali.

 

 

Altre difficoltà

 

Il mercato italiano delle arance soffre però anche a causa di altri fattori, come l’abbandono degli aranceti per l’impossibilità degli agricoltori di avere un ricavo che consenta la sopravvivenza, o il triste fenomeno del caporalato, legato alla criminalità organizzata.

Di fronte a tale scenario è doveroso che le Istituzioni intervengano concretamente per la salvaguardia del prezioso frutto e a tutela di tanti agricoltori che operano nella legalità. 

 

Daniela Mainini

info@anticontraaffazione.org

 

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