CHIODI DI GAROFANO

È nelle isole Maluku – per noi  Molucche – che la nostra storia comincia, migliaia e migliaia di anni fa, arrampicandoci su un sempreverde che alle volte raggiunge i 12 metri di altezza.

Il vento soffia forte su queste isole, che osservano l’Oceano Pacifico sbirciando dall’abbraccio delle Filippine a Nord e di Papua a meridione, con la schiena appoggiata sulla linea dell’Equatore e dietro di essa Sulawesi, Timor, Nusa Tenggara e Java. Le foglie del Syzygium aromaticum, lunghe, slanciate, e ricche di olio essenziale, dal rosso delle più giovani invecchiano in un verde scuro. I suoi fiori sono raccolti in pannocchie, vale a dire grappoli di grappoli, e sfumano dal rosso al giallo. Sono proprio queste infiorescenze, raccolte ed essiccate dagli abitanti delle isole, che diventarono la spezia da noi conosciuta con il nome di chiodo di garofano.

 

 

Gli isolani la indossavano come talismano e come segno distintivo del proprio rango, oltre a farne un’offerta per le divinità. Furono proprio questi antichi navigatori, che solcarono le onde dell’Oceano Indiano dall’Indonesia fino alle Seychelles e al Madagascar, a introdurre per primi la spezia nelle arcaiche rotte commerciali, dove prenderà i nomi lavangam e devakusuma (fiore divino) in sanscrito, per giungere in Occidente ed essere chiamata karyophyllon (fiore di noce) in greco e mutuato poi nel latino caryophyllum. Il fatto che noi oggi la chiamiamo chiodo di garofano può sembrare strano, con il garofano non c’è alcuna parentela: Syzygium aromaticum è della famiglia delle Myrtaceae come, suppongo immaginerete, il mirto, anche se a separarle ci sono migliaia di miglia di distanza.

Perché chiodi “di garofano”, allora? Non è semplice da stabilire; la colpa potrebbe essere dei francesi, che pare per primi abbiano iniziato a chiamarla clou de girofle, ma in loro difesa c’è da dire che già greci e romani sembra utilizzassero i nomi sopracitati (fiore di noce) per indicare sia il fiore garofano che la spezia indonesiana. Una cosa su cui possiamo sorridere e riflettere è però l’implicazione di questa confusione: i destinatari occidentali, come per la maggior parte delle spezie, non avevano la minima idea di quali fossero l’esatta origine e la fonte di quelle magiche ed esotiche merci, e tentavano di colmare l’ignoranza con una buona dose di inventiva e una comprensibile confusione. Confusione che per qualche ragione contagiò anche un’altra spezia, il “pepe garofanato”, che sarebbe il pimento.

Confusione o meno riguardo alla sua origine, gli antichi ne facevano largo utilizzo sia come ingrediente per profumi sia come medicinale già nella Cina del secondo millennio a.C., e pochi secoli dopo ne troviamo tracce a Terqa, in Siria, grazie alla scoperta dell’archeologo Giorgio Buccellati, che nel 1978 datò il ritrovamento della spezia tra le rovine di un’antica abitazione andata a fuoco attorno al 1720 a.C. facendone il più antico reperto in Occidente prima dell’epoca romana.

I romani, che la conobbero nel I secolo d.C., pare ne sfruttassero il potere anestetico per lenire il dolore ai denti, dato che una sostanza in essa contenuta ha delle interessanti proprietà antisettiche e anestetiche, che tutt’oggi trovano applicazione in odontoiatria. Questa sostanza è l’eugenolo, che prende il nome da una nomenclatura ormai obsoleta con cui si usava riferirsi al nostro Syzygium aromaticum, e cioè Eugenia caryophyllus (vi dice niente?).

Per tutto il Medioevo, la fornitura della spezia dipenderà dai commerci della Via Marittima della Seta, e si dovrà attendere il Cinquecento per vedere le prime importazioni dirette da parte degli europei, quando i portoghesi invasero e conquistarono le isole Molucche di Bacan, Makian, Moti, Ternate e Tidore, per poi venir soppiantati a loro volta dagli olandesi. La compagnia olandese delle Indie Orientali consolidò il suo controllo sul chiodo di garofano durante il Settecento, tentando di ottenerne il monopolio, così come aveva fatto con la noce moscata, che però cresceva solo sulle piccole (e poche) isole Banda, mentre il nostro Syzygium si trovava in tutte le Molucche. Non passò molto tempo prima che il botanico francese Pierre Poivre, così come viene raccontato ai turisti, ne trafugasse alcuni semi per piantarli alle Mauritius e a Zanzibar.

In Occidente, il profumo del chiodo di garofano stimolò l’invenzione di varie applicazioni; una particolarmente interessante, di moda vittoriana, era la creazione di pomander, “pomi d’ambra”, che all’epoca consistevano in un’arancia rivettata di chiodi di garofano utilizzata per profumare gli ambienti.

Attualmente, il Paese che produce più chiodi di garofano è l’Indonesia, che però quasi fatica a soddisfare il suo fabbisogno interno; per cui sì, se ve lo state chiedendo, in Indonesia è molto probabile che troverete chiodi di garofano dappertutto. Esiste persino un particolare tipo di sigaretta, detta kretek, che si caratterizza proprio per contenerne insieme al tabacco e il cui nome è onomatopea dello scricchiolio che i chiodi di garofano emettono quando vengono bruciati.

Riccardo Vedovato

riccardo.vedovato1994@gmail.com

 

 

 

 

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