“Acquetta”. Beh, vodka significa questo, più o meno. Deriva dalla parola “voda”, che nelle lingue slave significa “acqua”.
Quella “k” sembrerebbe proprio essere un suffisso con funzione di diminutivo, un po’ come i nostri -etta, -ina, eccetera. Eppure, perché c’è un eppure, non si è sempre chiamata così. Anzi, nelle regioni che la producono maggiormente tuttora non ha (solo) quel nome. In zone come la Polonia, l’Ucraina, la Bielorussia, o la Lettonia, l’Estonia e la Lituania, per indicare la vodka si usano termini o espressioni che significano “bruciare”, “che brucia”. Anche nella Russia del XVII e XVIII secolo la si indicava con l’espressione горяще вино, alias goryashie vino e cioè “vino che brucia”.
Sembra tuttavia che questo modo di dire non fosse una tendenza solo delle lingue slave: in Germania abbiamo il branntwein (traduzione: spiriti), in Danimarca brændevin (brandy), nei Paesi Bassi (che non sono la stessa cosa dell’Olanda, care lettrici e lettori: l’Olanda è una delle regioni dei Paesi Bassi) troviamo la parola brandewijn (ancora brandy), come in Svezia brannvin e in Norvegia brennevin (liquore), tutte con lo stesso significato, che alla lunga ha finito per riferirsi un po’ alle bevande alcoliche più strong, più forti. E come dar loro torto? Eccome se bruciano! In effetti, pure il buon Gabriele D’Annunzio, nel clima di soppressione dei barbarismi tipico dell’habitat fascista, in cui si andava a caccia di sostituti per tutte le parole non italiane, aveva proposto la parola “arzente” in cambio dell’inaccettabile inglese “brandy”. Arzente ossia arde, brucia. Carino eh? Comunque, questa benedetta vodka da dove viene fuori? Chi se l’è inventata?
Gli accademici stanno ancora litigando a riguardo, perché, come al solito, i materiali storici sono pochi e, in genere, non sono nemmeno un granché. Tra i primi cenni espliciti al nostro caro distillato troviamo un riferimento dello storico russo inglese (nel senso che era un inglese che si occupava di storia della Russia) William Tooke, che la definisce un distillato di mais… ma la vodka non si fa col mais! La vodka si fa con cereali maltati (dai quali cioè si sono fatti uscire piccoli germogli). Ci sta forse prendendo per i fondelli mr. Tooke? No, c’è il trucco! Perché nel tempo le parole nascono, muoiono o cambiano… e l’inglese corn, che oggi vuol dire solo “mais”, all’epoca si riferiva a diversi tipi di cereali. Nel 1800, nel suo Voyage en Russie, Théophile Gautier (un noto critico d’arte da non confondere con l’omonimo poeta che nascerà solo 11 anni dopo, autore del famoso romanzo Il Capitan Fracassa) la annovera come liquore di grano, servito insieme ai pasti in Polonia. E proprio qui appare la prima menzione di wódka, ma quattrocento anni prima, nel 1405, tra i documenti di corte del voivodato di Sandomierz (nella Polonia centro-occidentale). Tuttavia, a quel tempo la suddetta parola si riferiva a medicinali e detergenti cosmetici. La produzione di liquore invece ha inizio cinquant’anni dopo, ma – c’è sempre un ma – la parola polacca per tale bevanda non era wódka, ma gorzałka, dall’antico polacco gorzeć che significa (indovinate un po’) “bruciare”! Sempre lì torniamo. Ora, dato che i distillati a quel tempo erano largamente utilizzati in campo medico, fioccano un po’ alla volta trattati che illustrano varianti e ne decantano proprietà medicamentose. Il medico e botanico polacco Stefan Falimierz ne descrive nel suo trattato Sulle Erbe gli effetti di accrescimento della fertilità e risveglio della lussuria. Beh, almeno sulla seconda possiamo forse convenire.
Se però spostiamo la nostra attenzione dalla Polonia alla Russia, beh, le cose cambiano. Intanto, l’hanno inventata loro. O, almeno, la mitopoiesi è quella, basata sulla leggenda di un monaco, tale Isidoro, che dal monastero di Chudov nel 1430 (per cui comunque 25 anni dopo i polacchi) avrebbe portato al Cremlino la prima vodka russa, ideata da lui. Avendo una speciale conoscenza di strumenti e marchingegni per la distillazione, diventò il creatore di questa nuova sensazionale bevanda, questo “vino di pane” (o, tanto per cambiare, “vino che brucia/bruciante”), che per lungo tempo fu prodotto solo nel Granducato di Mosca (allora i vari Rus’ non erano ancora la Grande Madre Russia). Perlomeno fino al XVIII secolo resterà relativamente basso in gradazione, servito diluito, attorno ai 24% di volume alcolico (dal 75% in su solo per usi medici).
La prima comparsa ufficiale del termine vodka con il suo significato moderno è dell’8 giugno 1751, in un decreto dell’imperatrice Elisabetta per regolare la proprietà delle distillerie. Un centinaio di anni dopo, dal 1860 in poi, una politica governativa volta a incentivare il consumo degli alcolici prodotti dallo Stato renderà a mano a mano la vodka la prima scelta per i russi. Dal 1911 il successo la porterà a coprire l’89% di tutto l’alcol consumato in quel Paese e a diffonderne nel mondo l’idea di alcolico “slavo” per eccellenza.
Riccardo Vedovato