È possibile trovare un modo per scongiurare gli scontri ricorrenti tra la fauna selvatica e gli attuali 8 miliardi di esseri umani che popolano la Terra?
Il grado di conflittualità tra umani e animali, che da sempre condividono il pianeta, è in costante aumento. Le ragioni sono tante e diverse. L’habitat naturale, popolato dalla fauna selvatica, si va progressivamente restringendo, a causa del corrispondente aumento delle aree urbanizzate o destinate alla produzione agricola. I cambiamenti climatici complicano ulteriormente questo scenario, ostacolando spesso l’accesso alle risorse alimentari e idriche sia agli umani sia agli animali e obbligando entrambi a frequenti spostamenti. Un esempio evidente è rappresentato dagli orsi polari che, a causa dello scioglimento dei ghiacci nell’Artico, sono costretti ad alimentarsi sulla terraferma, moltiplicando le pericolose occasioni d’incontro con l’uomo. Altri casi di problematica convivenza: gli elefanti, sia africani sia asiatici, – a rischio critico di estinzione – devastano i campi coltivati dai contadini, che perdono in questo modo risorse essenziali per la sussistenza e vorrebbero liberarsene; Il leone, un tempo presente non solo in gran parte dell’Africa, ma anche in India, in Medio Oriente e nell’Europa meridionale, preda il bestiame e sporadicamente attacca o uccide le persone. Idem per quanto riguarda tutte le altre specie del genere Panthera – tigri, leopardi, giaguari – pure loro a rischio d’estinzione.
Una ricorrente allerta che compromette la tranquillità, se non addirittura la sicurezza, degli individui e delle loro attività. Gli animali causano problemi, ma sono a loro volta messi in serio pericolo d’estinzione dalle azioni umane. Il conflitto si acuisce quando la fauna rappresenta una minaccia diretta e ricorrente per il sostentamento o la sicurezza delle persone, portando a ritorsioni o, addirittura, alla persecuzione.
Che fare?
Dal 31 marzo al 1° aprile 2023 si è tenuta a Oxford la prima conferenza internazionale sui conflitti e la coesistenza tra animali selvatici ed esseri umani, organizzata dal gruppo specialistico Human-wildlife conflict dell’Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN), alla presenza di oltre 500 specialisti provenienti da più di 70 Paesi. «I conflitti con la fauna sono un problema di conservazione della biodiversità, ma anche un’importantissima questione sociale e di sviluppo sostenibile. È fondamentale creare ponti tra le discipline, politiche idonee, collaborazione e dialogo con le comunità locali», ha spiegato Alexandra Zimmermann, scienziata specializzata nella risoluzione dei conflitti per la conservazione della fauna selvatica, all’apertura dei lavori di Oxford.
Se non si concorda sulle soluzioni, si condivide però da parte di tutti quelli che a vario titolo se ne occupano la necessità di combinare diversi approcci. La sfida della coesistenza con la fauna richiede l’applicazione di un sistema multidisciplinare. A Oxford erano infatti presenti biologi della conservazione, sociologi, esperti di marketing, ricercatori universitari, tecnici e operatori provenienti sia dalle istituzioni che dalle organizzazioni non governative, giornalisti. La conferenza è stata dunque l’occasione per presentare le nuove linee guida sui conflitti e la coesistenza tra uomo e fauna. Nelle oltre 250 pagine del testo che è emerso dalla conferenza si forniscono indicazioni pratiche da declinare nei diversi contesti. Non esiste una ricetta universale, bisogna calare gli interventi nel contesto sociopolitico, oltre che ecologico. La coesistenza implica che gli esseri umani scelgano di condividere paesaggi e risorse naturali con la fauna selvatica in modo sostenibile. È fondamentale che le conoscenze scientifiche entrino a far parte delle policy, siano esse biologiche, come il monitoraggio degli animali e la comprensione della loro etologia, o sociologiche, quali lo studio dei valori e delle conoscenze che guidano i comportamenti e le scelte delle persone.
Poi ci sono le soluzioni pratiche, come i mezzi di prevenzione degli attacchi al bestiame per i carnivori, o l’uso di sistemi che tengono lontano gli elefanti dalle coltivazioni, oppure il monitoraggio degli squali bianchi per dare indicazioni in tempo reale ai surfisti sul pericolo di andare in mare.
In Europa, gli animali selvatici che sicuramente generano più contrasto sono i grandi carnivori, tornati negli ultimi decenni a popolare il nostro territorio, trasformato dall’azione umana. Se questa ripresa da un lato è un successo di conservazione delle specie, dall’altro il conflitto resta alto, in alcuni casi latente, in altri più esplicito. Animali come orsi e lupi in passato hanno subito una sistematica persecuzione, che ne ha provocato estinzioni locali un po’ ovunque. E il loro ritorno oggi impone l’obbligo di lavorare costantemente per la coesistenza: non uno stato, ma un processo in continua evoluzione, che richiede la gestione permanente dei cambiamenti in atto.
Paola Chessa Pietroboni