VERDURE CRUDE? NON SEMPRE È MEGLIO

Danno pochissime calorie, non apportano praticamente zuccheri e sono ricche di vitamine, sali minerali, fibre e fattori antiossidanti. Con un identikit nutrizionale di questo genere si capisce bene come un consumo abbondante di verdure possa considerarsi una vera e propria assicurazione sulla salute. Ma come prepararle? Crude! Verrebbe da dire immediatamente, peraltro in accordo con quanto da sempre consiglia la scienza della nutrizione. Ma la scienza si evolve e nuove scoperte inducono a pensare che non sempre il crudo sia meglio del cotto.

 

 

 

 

La disponibilità del licopene      

Un recente studio tedesco, pubblicato sul British Journal of Nutrition, ha valutato la presenza di vitamina A e di licopene (un potente antiossidante presente in diversi ortaggi) nell’organismo di un ampio campione di individui dopo un periodo di dieta a base di cibi crudi (il 95% della quantità di cibo giornaliera).

Ebbene, si è osservato che mentre il livello di vitamina A si è mantenuto normale, con valori relativamente alti di beta-carotene (il precursore di origine vegetale della vitamina A), quasi l’80% degli individui coinvolti nello studio ha mostrato bassi livelli di licopene, inferiori alla media della popolazione. In effetti questo studio concorda con quanto osservato dai tecnici rispetto alle conserve di pomodoro: il licopene contenuto abbondantemente in questo ortaggio (è il pigmento rosso che gli dà il colore) è più disponibile per il nostro organismo dopo la cottura.

 

 

Meglio cotto che antinutrizionale

 

I pomodori non sono i soli vegetali che ci guadagnano a essere cotti. Le patate sono l’esempio più evidente: la cottura non soltanto ammorbidisce le fibre migliorando la digestione e facilitando la masticazione, ma riduce drasticamente la presenza di alcuni componenti nocivi, come la solanina, addirittura tossici se assunti in grande quantità.

A proposito di sostanze nocive, meritano poi un discorso a parte i cosiddetti “fattori antinutrizionali” presenti nei legumi. Fagioli, piselli, ceci, fave e lenticchie contengono tutti delle sostanze che agiscono sull’organismo umano compromettendo la digestione delle proteine e alterando la composizione sanguigna: la cottura prolungata vale a eliminarle.

 

 

 

 

Anche tra le Brassicacee, la “famiglia dei cavoli”, ci sono ortaggi che danno il meglio a cotto: broccoli, verze, cavolfiori e cavolini di Bruxelles, eccellenti come fonti di antiossidanti e di sostanze antitumorali, risultano praticamente indigeribili a crudo per l’alto contenuto di composti a base di zolfo.

Altro ortaggio da menzionare, le melanzane: crude sono cattive, d’accordo, ma il loro sapore sgradevole è dato da sostanze amare (alcaloidi), poco salutari, che se ne vanno proprio con la cottura.

Per chiudere l’elenco del “meglio cotto”, due parole sui peperoni: cuocendoli si perde in buona parte la vitamina C dei quali sono ricchi, ma l’abitudine di scottarli sulla piastra, per poterne eliminare la buccia, li rende decisamente più digeribili.

 

Giorgio Donegani

 

 

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