VALENTINA LEPORATI

Alias Valentina Gluten Free, la pasticciera e attivista che ha reso i cibi senza glutine più buoni, più conosciuti, più accessibili.

Valentina è del 1988, ha 35 anni, e da 34 è celiaca. All’inizio, la considerava il suo difetto più grande, oggi, invece, la sua caratteristica. Quando era piccolina, non si rendeva conto di quanto fosse ‘invadente’, perché se ne occupavano, con grande fatica – dato che in quegli anni non si sapeva quasi che cosa fosse –, i suoi genitori. Che sono stati bravissimi.

 

 

Photo Credits – Sara Argiolas

 

Quando sono iniziate le difficoltà?

Nell’adolescenza, quando è entrata in gioco la socialità. Mi dovevo rapportare con gli altri, e il cibo nel nostro Paese è un momento di aggregazione: la cena con i compagni di classe o col gruppo sportivo, le gite scolastiche. In tutte queste situazioni, la mia diversità iniziava a essere visibile. Dovevo tirar fuori dallo zaino la merendina e spiegare. Non c’erano dei luoghi, allora, dove io potessi mangiare tranquilla; non avevamo informazioni noi – che la celiachia ce l’avevamo in casa –  figuriamoci i ristoranti. Ero una ragazzina molto molto timida, e anche fragile, e tutta questa pressione mi ha spinto a non uscire più. Agli eventi sociali non partecipavo.

 

Quindi ha impattato in un modo notevolissimo.

Si, ha proprio condizionato tutta la mia adolescenza. Perché mi vergognavo. Ero a disagio. E le domande che mi facevano i miei amici non erano facili da gestire: “Se mangi la farina, muori? E un pezzo di pane? Che succede?”

A 18 anni, ho capito di aver perso le esperienze formative che i miei coetanei stavano vivendo. Facevo arrivare sempre la celiachia prima di me: non ero più Valentina, ero la celiaca. A quel punto ho detto basta. La prima cosa che ho fatto è stata tatuarmi la spiga barrata sulla spalla destra. E questo ha provocato la curiosità delle persone che mi stavano intorno. Ero convinta che avrei visto pena negli occhi degli altri, e invece no, ho trovato molta gentilezza e interesse. Contestualmente ho imparato a rispondere alle domande senza paura ed è iniziata una fase che ho battezzato “rivoluzione gentile”, un cambiamento della mia vita dovuto alla gentilezza che ho scoperto intorno a me.

 

Ti ha portato a fare scelte nuove?

Sì, sono andata a lavorare nella grotta del nemico, nel settore agroalimentare: ristoranti, pizzerie, bar, pasticcerie. Dove io potevo cucinare senza mai assaggiare. E ho imparato così. La mia idea era quella di assimilare il più possibile per poi arrivare a casa e provare a ricreare tutto quello che cucinavo giornalmente nella versione senza glutine. E, dopo tanti tentativi fallimentari, ce l’ho fatta.

 

Cucinare senza assaggiare è come essere un musicista sordo…

Esattamente: io ho imparato usando gli altri sensi. Mi accorgevo che i cibi erano pronte dal profumo, toccandoli, riconoscendo la coloritura giusta.

 

E come ha preso vita Valentina Gluten Free?

Complici un licenziamento inaspettato e un periodo non facile – avevo a che fare con la depressione –, ho intuito che dovevo fare qualcosa di nuovo per salvarmi. Ho pensato che avrei dovuto nutrirmi dei sorrisi delle persone, che il modo che avevo per sentirmi accolta sarebbe stato quello di far sentire accolti gli altri. Ho pensato che nella mia zona – Sarzana – non c’era nessun posto che offrisse prodotti gluten free e, prendendo l’assegno di disoccupazione, nel 2017 ho aperto “Valentina Gluten Free”, la mia pasticceria-panificio. I primi 2 anni sono stati molto complicati, perché i celiaci erano pochi e i non celiaci da me non entravano. Poi ho iniziato a usare Instagram. Non l’ho utilizzato per vendere i miei prodotti, ma per raccontare la mia storia e parlare di celiachia, cosa che avevo imparato a fare in modo puntuale, perché sono precisa di natura, ma anche ironico, avendo vissuto – come tutti i celiaci – varie disavventure. Il mio piccolo pubblico iniziale si è sentito riconosciuto e capito, e piano piano si sono avvicinate a me anche persone che non vivevano la celiachia sulla propria pelle e hanno iniziato ad allenare l’empatia. Da ostacolo la celiachia è diventato il mio superpotere.

 

Ma la missione, che hai portato avanti, aveva alla base anche una passione per il cibo e la cucina, o questa è stata una conseguenza?

Sicuramente gli ingredienti mi hanno sempre affascinata, e nella mia famiglia tutti cucinavano, però mi ha spinto in questa direzione anche il desiderio di superare un limite.

 

E a tutt’oggi sei sempre nel tuo panificio? Fai tutto da sola?

Si, non ho dipendenti. Faccio la spesa, cucino, vendo, scrivo. Chiaramente, il mio lavoro nel tempo si è trasformato tanto e sono spesso via, ma, visto che con le persone che vengono da me ho costruito un rapporto molto intimo, quando non ci sono chiudo il negozio e tutti sanno che potranno venire un altro giorno e trovarmi lì.

 

Vendi solo in negozio o anche online?

Anche online. Non volendo però avere sprechi, produco poco, con l’idea di finire tutto entro la giornata e quel poco che avanza lo mangio io.

 

E hai ancora spazio per sogni e progetti futuri?

Sogno un programma televisivo sulla cucina inclusiva.

Marta Pietroboni

marta.pietroboni@cibiexpo.it

 

 

 

La focaccia

La ricetta a cui Valentina tiene di più, essendo ligure, è la focaccia gluten free, che, dopo 3 anni di esperimenti, ha raggiunto la perfezione che cercava. Piace anche a chi conosce la focaccia tradizionale (che Valentina, ovviamente, non ha mai potuto assaggiare).

 

 

 

 

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