«Ho 39 anni, non sono giovane, ma sono sotto spirito, quindi mi mantengo bene.» Inizia così l’intervista con Valentina Bertini, giudicata miglior sommelier dell’anno 2019 dalla Guida Espresso. Carattere deciso, modi informali, professionalità, racconta la sua storia in modo schietto. «Volevo fare l’avvocato, quindi studiavo legge, quando nel 2000 mia madre ha rilevato un ristorante in Umbria. È stato naturale per me darle una mano, e così hanno fatto anche mia nonna e mio zio. Siccome a me è sempre piaciuto fare le cose per bene, ho pensato intanto di iscrivermi a un corso per sommelier. In quegli anni, per altro, in Umbria stava esplodendo il mondo del vino. È così nel 2005 sono diventata sommelier professionista.»
Qual è il percorso che bisogna seguire per diventare sommelier professionista?
Bisogna frequentare tre corsi e poi – o almeno io ho dovuto fare così – sostenere un esame di abilitazione professionale.
Quali sono le mansioni di un sommelier professionista?
Il sommelier non è, come tanti pensano, un semplice assaggiatore di vino, un degustatore; è una figura con molte responsabilità. Ad esempio organizza la cantina del ristorante nel quale lavora. La mattina quando si alza sa che dovrà combattere per aggiudicarsi i vini che sceglie. Deve essere al lavoro presto, per controllare che siano arrivate le bottiglie che ha richiesto, mettere in ordine, verificare che la carta dei vini sia aggiornata. Poi fa servizio – spezzato generalmente tra pranzo e cena – e il pomeriggio, se capita, va alle degustazioni.
Come si scelgono i vini?
Gli acquisti vanno fatti in base al posizionamento del ristorante e comunque ci vuole tempo per impratichirsi. Bisogna andare in giro e conoscere aziende, produttori, terreni… poi imparare a individuare sia le caratteristiche che ogni specifico vino deve avere (perché i vini devono rispecchiare i territori in cui nascono) sia le qualità particolari di un’annata, di una bottiglia. Dentro un bicchiere c’è un mondo; spesso se ne sottovaluta la complessità. Il peggior errore che un sommelier può fare è scegliere un vino in base ai propri gusti. Un vino va venduto.
Ti capita ancora di fare delle scoperte?
Certo e sono sicura che non smetterò mai di farne.
Com’è il rapporto con i clienti?
Col cliente devi parlare. Io in realtà a certi tavoli non mi avvicino neanche, perché dopo tanti anni mi basta uno sguardo per capire chi ha voglia di fare un’esperienza accompagnata e chi no; chi magari è venuto a bere solo come pretesto per parlare di lavoro.
È facile capire chi sa qualcosa di vino e chi no?
Si vede subito. Basta guardare come una persona prende il bicchiere in mano. Vedo gente che lo stringe dalla pancia o gente che tocca la bottiglia per capirne la temperatura. Ma non è una questione di pranoterapia! Potrei fare un elenco… Quando mi chiedono “un prosecchino” già mi sento male….
È spiritosa Valentina ma, pur nel suo essere leggera, ci dà tantissime informazioni sullo stato dell’arte del vino in Italia.
Adesso c’è tutto questo ritorno al naturale, per cui sembra che se non mangiamo vegano o non beviamo un vino con l’odore di quello che faceva nonno… Ecco, non è così. Vini naturali ce ne sono tanti; la Francia – grande produttrice – che lavora in naturale da sempre insegna che, pur naturali, sono prodotti secondo prassi che garantiscono l’assenza di particelle in sospensione, sporcizia, cattivo odore. Lavorare con metodi naturali non prescinde da pulizia e profumo, nel rispetto che oggi tutti hanno per il consumatore.
Ci sono cose che professionalmente non hai ancora fatto e ti piacerebbe fare?
Ci sono tanti posti in cui non sono mai stata… Sono una persona molto curiosa. Penso, in generale, che nella vita la curiosità aiuta a far bene le cose che piacciono.
Sei stata anche all’estero o hai soprattutto esperienza italiana?
Italiana. Anche se in realtà ho fatto uno stage a New York, che mi ha fatto capire tante cose. Dall’altra parte del mondo la percezione del vino italiano è diversa. E osservare questo punto di vista alternativo mi è servito.
Quali sono le tue preferenze personali?
Mi piacciono molto i vini italiani. Per il mio palato sono troppo pesanti i vini dell’Italia del sud, come i pugliesi. Amo invece molto per esempio il Verdicchio marchigiano. Potrebbe sembrare un vino banale, da spiaggia, ma ne esistono belle espressioni. È possibile bere bene a una cifra decente. Perché è facile bere un buon vino spendendo tanto, ma non lo si può sempre fare. Toscana e Piemonte sono grandi zone vitivinicole.
Il tuo gusto personale è cambiato in questi anni?
Cambiato, ma non tantissimo. Direi che si è affinato.
E dopo tutti questi anni di vino, non sei stufa? Nel tuo tempo libero, dopo giornate o serate dedicate al vino, ne hai ancora voglia? Bevi?
Certo che bevo! Il bere è anche un momento conviviale.
Se dovessi dire a una persona non esperta di vino come si fa a capire se un vino è buono o no?
Lo riconosce da solo. I vini buoni hanno un equilibrio particolare.
Marta Pietroboni