UN BANCHETTO LETTERARIO

“Comunque sia, lui andava matto per i gamberetti essiccati e il cavolo, o il cavolo con i gamberetti essiccati, che preparava lei. Quando controllava l’acqua che gorgogliava, gli si scioglieva il cuore, quel fumo lo faceva pensare al calore della famiglia. Il sapore di casa era il vapore di una pentola, o il piattello rovente pronto ad accogliere un mantou (panino al vapore, ndr), cose che danno una piacevole dipendenza. Peccato non essere bravo con le parole e non poter esprimere ciò che provava. Lui rovesciava il cavolo nella pentola con meticolosità, lei, con mano svelta, ripescava i gamberetti dal brodo in bollore, anche se erano una manciatina e, buttati dentro, scomparivano”. (La pentola di fuoco di Tie Ning)

 

 

 

 

Le associazioni tra cibo e letteratura hanno da sempre ispirato poeti e scrittori, generando un numero sterminato di saggi, poesie e romanzi. Fare del cibo un argomento di riflessione culturale significa utilizzare le parole per dare un nome e un significato alla simbologia.

 

Mo Yan, Premio Nobel per la Letteratura 2012, cita infinite volte il cibo. Ricordiamo la ricetta dei succulenti jiaozi all’interno del capolavoro “L’uomo che allevava i gatti” (Einaudi, 2008). Quando viene interrogato su ciò che lo ha spinto a diventare scrittore, spesso gli piace rispondere con la battuta: “Ho iniziato a scrivere per mangiare tre ravioli anziché uno”.

 

E ricordiamo anche il famoso Yu Hua. Tra le pagine del suo “Brothers” (Feltrinelli, 2008) non mancano riferimenti al cibo: i sugosi baozi di carne, la ricetta degli spaghetti ai cinque sapori, le fave fritte, le caramelle “coniglio bianco”, il riso con i cavoli saltati, i gamberetti di fiume. E, ancora, il volume “Gli insaziabili” (Nottetempo, 2019), che raccoglie i racconti di 8 autori italiani e 8 cinesi intorno all’intreccio eros e cibo, mettendo a confronto due culture distanti geograficamente e storicamente, ma terreno fertile per una reciproca conoscenza.

 

Il tema del cibo è stato affrontato anche da diversi sinologi, tra cui Edoarda Masi con il suo “L’intelligenza del cibo: un’eredità non dimenticata” (IsIAO, 2002). Masi ha portato alla luce il legame tra cibo, vissuto individuale e storia, illustrando come i tre elementi rappresentino l’eredità del patrimonio culturale cinese. Il cibo, secondo Masi, simboleggia ricordi, differenze di rango, esprime privilegi e ingiustizie e rappresenta il veicolo di sofferte introspezioni e il canale di instaurazione di nuove amicizie.

 

Valentina Talia

Istituto Confucio dell’Università degli Studi di Milano

www.istitutoconfucio.unimi.it

 

 

 

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