Spesso considerato un outsider, il gusto umami è un elemento fondamentale della percezione dei sapori; gli è stato affiancato il “kokumi”, un non-gusto complesso dalle notevoli potenzialità.
Nell’accezione comune, i gusti fondamentali sono quattro: dolce, salato, amaro e acido. È doveroso (e scientificamente corretto) aggiungerne un quinto, riconosciuto come tale solo dall’anno 2000: è denominato umami, che in giapponese significa “sapido, appetitoso”.
Un sapore viene riconosciuto come fondamentale se la sua percezione è indipendente dalla combinazione di altri gusti base: nel cavo orale umano sono stati individuati recettori per il glutammato, considerato il capostipite della percezione umami, e per altre molecole recentemente identificate. Gli alimenti rappresentativi di questo gusto sono numerosi: tra quelli più significativi troviamo il Parmigiano Reggiano, il Tonno Bonito essiccato, il pomodoro (attualmente l’ortaggio più caratteristico), le alghe kombu, il tè matcha e molte varietà di funghi, in particolare gli shiitake.
Il termine umami è stato coniato dal ricercatore Kikunae Ikeda, che diede una prima, fondamentale identità al gusto nel 1908. È molto diffuso in numerosi cibi e preparazioni alimentari orientali, quali il katsuobushi (brodo di tonno essiccato, CiBi ne ha parlato nel numero 9 del 2022, ndr), e presenta la caratteristica di esaltare l’aroma degli alimenti tramite un’interazione sinergica con altre molecole, abbassandone la soglia di percezione. In effetti, il glutammato non ha un gusto particolarmente gradevole in purezza, come evidenziato in test condotti su neonati umani, ma interagisce positivamente con numerose molecole presenti in diversi cibi. Tali molecole sono denominate flavor enhancers (esaltatori di sapidità) o umami enhancers. L’effetto sensoriale di alcune componenti, quali il glutatione e gli estratti di lievito, viene amplificato in termini di rotondità, pienezza, impatto gustativo e persistenza della sensazione. Il complesso sensoriale è stato definito come kokumi, termine giapponese analogo all’inglese yummy (goloso, squisito). Deve essere sottolineato che kokumi non rappresenta un gusto vero e proprio, ma le molecole con questa caratteristica posseggono le capacità di esaltare enormemente il sapore dei cibi che contengono tali componenti, incrementando con complesse modalità non ancora pienamente chiarite le caratteristiche sensoriali citate in precedenza.
Le molecole kokumi sono principalmente derivate da amminoacidi (in particolare g-glutamil peptidi): questi fenomenali potenziatori gustativi, intesi globalmente, sono stati evidenziati nei formaggi stagionati, così come nei funghi, nei vegetali (ad esempio, del genere Allium) e in numerose spezie. A tale proposito, due formaggi italiani di eccellenza quali il Parmigiano Reggiano e il Pecorino Romano sono stati oggetto di studi scientifici inerenti alla presenza di amminoacidi liberi prodotti durante il processo di maturazione, tra cui il glutammato e peptidi kokumi, particolarmente presenti, con risultati molto interessanti dal punto di vista sensoriale. Questa caratteristica è comune a Cheddar, Gouda e a molti altri prodotti caseari stagionati. La maturazione, grazie alla microflora che accompagna il processo di invecchiamento, produce molecole strutturalmente semplici derivanti dalla digestione delle proteine.
Una delle spiegazioni possibili dei fenomeni di interazione umami/kokumi risiederebbe nel fatto che, ad esempio, il glutammato induca chimicamente il legame di molecole kokumi ai propri recettori gustativi. Tali molecole esalterebbero la percezione dei gusti dolce, salato e “grasso”. Queste ipotetiche interazioni sono tuttora sotto l’attenzione del mondo scientifico, richiedendo notevoli sforzi in termini di ricerca in campo fisiologico e psicologico, quest’ultimo fondamentale complemento nei processi di scelta dei cibi. Inoltre, pare necessario, negli alimenti, mantenere un ottimale equilibrio tra umami e kokumi con il fine di rispettare la palatabilità; un eccesso di molecole umami sarebbe controproducente nei confronti delle proprietà sensoriali dei cibi, e lo stesso fenomeno si verificherebbe considerando la situazione opposta. In conclusione, quando sostanze come il glutammato sono aggiunte (naturalmente o artificialmente) a cibi di composizione complessa innescano l’attivazione di molecole kokumi, stimolando appetibilità e “continuità” gustativa in alimenti di sapore “semplice”, con una aumentata complessità della percezione.
Lo studio dell’intricata interazione tra molecole umami e kokumi potrebbe, in prima istanza, chiarire numerosi aspetti della fisiologia delle percezioni, anche dal punto di vista psicologico e, su un secondo fronte, consentire in campo industriale il miglioramento delle proprietà sensoriali di alimenti considerati “poveri” sotto l’aspetto gustativo, ma preziosi per le loro caratteristiche nutrizionali.
Massimo Faustini
https://www.unimi.it/it/ugov/person/massimo-faustini