UCELUT

Si scrive Ucelut ma si legge Uccellutt, con tutte le consonanti doppie. In Friuli-Venezia Giulia abbiamo conosciuto le uve uccelline.

L’Ucelut a bacca bianca rientra certamente tra i vitigni autoctoni più antichi del nostro Paese ed è compreso, in particolare, nelle uve chiamate uccelline: viti selvatiche, dagli acini abbastanza piccoli, che crescono ai bordi dei boschi (di cui il Friuli è terra ricca), dette “uccelline” perché molto gradite ai volatili.

 

 

Le prime testimonianze dell’Ucelut risalgono al 1863, quando figurava tra le uve del Friuli-Venezia Giulia nell’esposizione che si era tenuta nei locali dell’Associazione Agraria Friulana di Udine. Successivamente, alcuni campioni hanno iniziato a essere coltivati nei Vivai dello Stabilimento Agroorticolo, detto SAO. L’Associazione Agraria Friulana aveva chiamato da Milano,

per dirigerlo, un supertecnico, Giuseppe Rho. All’epoca della fondazione, lo spazio era di 2 ettari, ma raggiunse ben presto i 7. Un luogo fuori dell’ordinario per varietà di colture e sperimentazioni: era già all’epoca “internazionale”, perché i prodotti delle serre venivano esportati in tutto il mondo. Qui non solo si producevano specie da mandare all’estero, ma s’insegnava anche il know-how agli allievi giardinieri.

Nel 1871, l’abate Jacopo Pirona lo menziona nel Vocabolario friulano, un dizionario bilingue italiano-friulano, a riprova della sua valenza sul territorio regionale.

Nel 1921, nell’ambito di un convegno indetto dal Consorzio antifillosserico friulano che aveva come obiettivo di trovare delle direttive per la restaurazione post fillosserica della viticoltura friulana, l’Ucelut viene menzionato come uva tipica della zona di Castelnovo.

Nonostante le diverse testimonianze, tuttavia, la riscoperta può dirsi abbastanza recente e ad opera di un viticoltore della zona: Emilio Bulfon.

Abbiamo intervistato la figlia Alberta Bulfon dell’omonima azienda.

 

Ucelut, una storia che vi riguarda…  

Tutto parte da nostro padre che, per motivi di lavoro, si trasferisce da Udine alla provincia di Pordenone e individua sulle colline di Castelnovo del Friuli dei vitigni che non riconosce. Decide di approfondire. Con il supporto dell’Istituto di Enologia di Conegliano Veneto si riscopre questo antico vitigno. E non è il solo; con lui anche Sciaglin, Piculit-Neri e Forgiarin. Recuperi importanti, tanto che nel 1987 ne nasce un libro edito dalla Provincia di Pordenone, Dalle colline spilimberghesi nuove viti e nuovi vini. Si tratta delle schede ampelografiche dei vitigni citati, a cura di Emilio Bulfon, Ruggero Forti e Gianni Zuliani.

Nel 1992 riusciamo finalmente a rivendicare l’Ucelut. Otteniamo, con decreto ministeriale, il riconoscimento all’idoneità alla coltura, all’iscrizione nel Catalogo nazionale delle varietà di viti e alla vinificazione dei vini IGP.

 

Quella per la scoperta e la preservazione dei vitigni è una vocazione della famiglia Bulfon.

La ricerca è continuata negli anni e ha permesso di riportare alla luce altre cultivar tipiche del territorio ormai cadute nell’oblio. Si tratta di: Cjanorie, Cividin, Cordenossa.

Nel 2010, Emilio Bulfon è stato insignito dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali del Premio Cangrande come “Benemerito della vitivinicoltura italiana per aver recato un determinante contributo allo sviluppo della viticoltura e alla valorizzazione dell’enologia italiana”.

 

Quali sono o quali potrebbero essere i motivi per cui l’Ucelut ha rischiato di scomparire?

Molto probabilmente, sono di carattere economico e sociale. A Castelnovo del Friuli il territorio è complesso: gli appezzamenti sono molto piccoli, il terreno franoso. Negli anni del boom economico del dopoguerra ci furono importanti movimenti di migrazione dalla campagna alle città; il territorio andava svuotandosi. Tanto che fu inventato un nome: “metalmezzadro”,

operaio metallurgico che nel tempo libero lavora nei campi.

 

Quanti ettari vitati conta la vostra azienda e quanti di questi sono dedicati all’Ucelut?

Abbiamo 11 ettari di vigneti coltivati esclusivamente con queste varietà autoctone friulane recuperate. Un ettaro e mezzo è dedicato solo all’Ucelut tra i terreni a Castelnovo, Pinzano al Tagliamento e Valeriano, dove ci troviamo ora con la nostra azienda vitivinicola.

 

Qualche nota sulla coltivazione.

Qui in Friuli abbiamo zone molto boscose che, se da un lato portano una grande biodiversità, dall’altro ci costringono a una lotta continua, soprattutto con la fauna, ma assolutamente da preservare. Costante cura dei vigneti, attenzione per l’ambiente e la sostenibilità, potatura e raccolta manuale sono i nostri capisaldi.

 

Veniamo al vino.

Ne otteniamo 2: uno bianco secco e uno dolce. Sono di ottima struttura, intensi al naso e persistenti in bocca. Tra i sentori principali: miele, fiori di acacia, frutta bianca matura.

Ma per saperne di più, tocca assaggiarlo.

 

Bulfon ne produce circa 5.500 bottiglie tra la versione secca e quella passita, ed estendendo la ricerca potete trovare non più di un’altra manciata di aziende.

Elisa Alciati

elisa.alciati@cibiexpo.it

 

 

 

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