ROBERTA MARI

Le mille vite di una scenografa. Nata in Toscana ma trasferitasi in Brianza da giovane, Roberta decide di frequentare l’Accademia di Belle Arti di Brera e diventa scenografa. Come dice lei, “è scenografa da sempre” e “milanese d’adozione”. Pur avendo infatti viaggiato molto per lavoro e avendo una natura giramondo, l’Accademia l’ha legata indissolubilmente a Milano, da anni base di vita e di professione.

 

 

 

 

Ecco, che lavoro fai?

Sono parte di quella fortunata categoria di persone che ha deciso di affrontare un determinato mestiere nella vita quando era ragazzina, ha fatto le scuole dedicate – e cioè il liceo artistico e l’Accademia di Belle Arti, indirizzo Scenografia –, ha iniziato a intraprendere il lavoro che immaginava e non ha più smesso.

Ho cominciato a fare esperienza nei villaggi turistici, quando ancora studiavo, poi ho fatto dei laboratori di allestimento scenico per imparare a costruire in prima persona, e prestissimo ho avuto la fortuna di incontrare una scenografa che cercava un’assistente: con lei ho lavorato in pubblicità, in televisione.

 

Fare la scenografa vuol dire quindi entrare in tanti mondi diversi…

Si. Ho avuto l’occasione, successivamente, di lavorare nel cinema e poi, sempre grazie a un incontro casuale – una persona che avevo conosciuto anni prima e che si occupava di progettazione scenografica per grandi eventi –, di occuparmi di sfilate di moda, lanci di profumi, gioielli, presentazioni… Erano gli inizi degli anni ’90.  Milano era fiorente e ricca di questo tipo d’avvenimenti, e ho avuto modo di lavorare ad altissimi livelli: ho fatto sfilate di moda quando c’erano le famose top model, ho lanciato riviste come Vanity Fair, il primo profumo di Calvin Klein, CK One. Questo eclettismo mi ha portato anche a sfidarmi… Per esempio, quando il vetrinista di Atkinsons e di Elizabeth Arden ha avuto un incidente e si doveva aprire lo stand, ho preso io il suo posto. Ho realizzato direttamente tante cose dopo aver scoperto di avere una buona manualità.

 

Hai fatto cose ben diverse: l’ideazione e il progetto come la realizzazione manuale…

Di alcune, sì. Grandi scenografie no, mi facevo affiancare da team, ma decorazioni sì. Capire come farle, cercare i materiali… Non è necessario o obbligatorio in quanto scenografo, ma io spesso l’ho fatto e lo faccio.

 

Senza voler ridurre la tua professione a questo, ma alla luce della tua ampia esperienza creativa, con Natale alle porte, puoi suggerirci come allestire la casa e la tavola in modo originale?

Di materiali natalizi adesso ce n’è una quantità. Puoi trovarli al supermercato, nelle catene di negozi fai da te; e cose più ricercate nei negozi specializzati. A me è sempre piaciuto, se parliamo di casa, il Natale tradizionale: con l’albero, gli addobbi e il centro tavola molto colorati. Le decorazioni si possono fare anche con poco. Ad esempio, si può guarnire l’albero solo con un nastro colorato, facendo dei fiocchi. Il Natale ha dei codici. Il primo è l’albero, l’altro sono le decorazioni. Ma può voler dire anche solo materiali: l’agrifoglio, il pungitopo… Un ramo d’abete sul tavolo, con due palline o un nastro colorato, una candela, magari con un piccolo contenitore, fa già Natale. La striscia di tessuto io l’ho sempre usata come decorazione per la tavola: la prendi rossa o oro e la butti su una tovaglia bianca, stendi sopra un ramo d’abete, una pallina rossa e hai già fatto una bellissima decorazione.

Se uno ha voglia di dedicare più tempo, un’idea può essere quella di prendere una ciambella di spugna e riempirla con fiori essiccati; dipende da capacità, manualità e tempo.

 

Sono curiosa e affascinata dai materiali. Ne hai di preferiti?

A volte ne mischio diversi, anche quelli che apparentemente non sembrano potersi sposare, ma alla fine funzionano; li lavoro, li dipingo. Mi faccio ispirare da loro.

 

Hai dei materiali tuoi, che ti distinguono? Pietre? Piante? Coltivi?

Vivo a Milano e coltivare non posso. Le piante però le conosco, mi piacciono, e nei miei progetti, soprattutto di decorazione, c’è sempre del verde. Entrare in un vivaio e guardare tutto quello che c’è vuol dire ispirarsi. Mi piacciono i fiori, le foglie, i rami. Li ho spesso dipinti, trasformati.

 

La creatività secondo te è un talento o è qualcosa che si può insegnare?

È un talento, ma lo puoi accrescere. Anche chi nasce creativo deve sviluppare il suo estro, la sua fantasia. Devi continuare ad allenarti per mantenerla e incrementarla. Negli anni, ho avuto modo di insegnare e ho visto che perfino chi non si ritiene creativo, se ben guidato, scopre di avere qualche capacità in questo senso.

 

Applichi la creatività anche nella vita personale, non lavorativa?

In tutto quello che faccio.

 

Cucini? Non cucini? T’interessa?

Non sono una grande cuoca, lo ammetto. Però, ritengo che il cibo alimenti la convivialità. Amo invitare gli amici o uscire a cena con loro; con la mia famiglia d’origine il pasto serale era un importante momento di ritrovo. Adoro la cucina orientale, asiatica, in particolare quella thailandese, e sono vegetariana ormai da anni, per scelta etica. Il mio con il cibo è un buon rapporto.

Marta Pietroboni

marta.pietroboni@cibiexpo.it

 

 

 

 

 

 

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