RIVALUTIAMO LA COLZA

Trascurata da anni, ma utilissima come protagonista delle rotazioni colturali, assicura ottimi risultati se trattata con tecniche agronomiche corrette.

 

 

La colza, che appartiene alla famiglia delle Brassicaceae o Cruciferae – tra le prime piante coltivate dall’umanità già 10.000 anni fa –, nella maggior parte dei Paesi europei e asiatici riprende lo sviluppo vegetativo a fine inverno. Seminata in autunno, fiorisce in genere nella tarda primavera e fruttifica fino a mezza estate. Nei Paesi del Mediterraneo cresce spontanea.

In Europa, è utilizzata principalmente come foraggio. Ma, come si è detto, è ottima per la rotazione, perché non sfrutta il terreno; anzi, lo lascia ricco di residui che garantiscono una migliore fertilità, rendendolo idoneo a ospitare un secondo, e diverso, raccolto. Alternare varie specie agrarie in un appezzamento di terreno è una tecnica antica ma ancora fondamentale, perché permette di riequilibrarne le proprietà chimiche e fisiche. L’avvicendamento delle coltivazioni migliora o mantiene la fertilità del suolo e garantisce, a parità di condizioni, una resa maggiore.

 

I meriti della colza

Dal punto di vista alimentare e zootecnico rappresenta una preziosa fonte proteica di cui l’Italia è storicamente carente. Ma le ragioni per le quali conviene puntare sulla colza sono più d’una. Grazie alla sua produttività, garantisce un discreto reddito all’azienda agricola, permettendo di pianificare le semine con la sicurezza di collocare fruttuosamente il raccolto. Diversificare le produzioni diminuisce i rischi legati all’instabilità dei mercati e all’andamento climatico. Inoltre, è ottima per il rinnovo dei suoli, adattabile a varie condizioni ambientali, e costituisce una valida alternativa alle principali colture nella rotazione con la soia. Consente la copertura invernale del suolo, secondo i principi dell’agricoltura conservativa e, da ultimo, ma non meno importante, contribuisce, in rotazione con i cereali, al sequestro di CO2.

La grave situazione sui mercati internazionali che si è determinata con l’invasione russa dell’Ucraina ha reso evidente la necessità per l’Italia e l’Europa di ridurre la dipendenza dall’importazione di materie prime agricole, che oggi supera il 50%. Una maggiore produzione nazionale di colza contribuirebbe ad aumentare il nostro grado di autosufficienza. Questo tipo di coltivazione può quindi offrire alle filiere italiane l’opportunità di cogliere le richieste del mercato e dei consumatori, in un’ottica di sostenibilità e di sicurezza alimentare.

 

La redazione

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