RISCALDAMENTO GLOBALE: LA PESCA GIÀ NE RISENTE

meduse

I mari si alzano ad un ritmo impressionante: 8 cm negli ultimi 20 anni, sostengono gli esperti. Le barriere coralline ci lasciano, da Sidney arrivano le ultime notizie riguardo a un preoccupante fenomeno di sbiancamento dei coralli – termine tecnico stante a indicarne l’imminente morte – che sta devastando almeno un terzo dei grandi banchi australiani. I problemi che l’uomo deve e dovrà affrontare in fatto di alimentazione sono la cartina di tornasole del fatto che il nostro pianeta stia cambiando velocemente e radicalmente. Negli ultimi mesi il sud America è stato sferzato da numerosi mini-cicloni e nel centro-est africano la peggior siccità degli ultimi 60 anni ha messo in ginocchio l’economia agricola dei paesi interessati.

I mari sono sempre più caldi e acidi e a dircelo è Paolo Povéro del dipartimento di scienze della terra all’università di Genova, ricercatore e professore associato di biologia marina, molto critico riguardo alla possibilità di invertire la tendenza: l’innalzamento delle temperature – ci spiega – ha già sconvolto le vecchie rotte di migrazione: il tonno rosso è quasi del tutto scomparso dalle nostre acque in favore di quelle più fresche del nord atlantico e la stessa sorte è toccata ad altri predatori che un tempo spopolavano nel mediterraneo.

L’altro grande problema, l’acidificazione dell’acqua – dovuta agli alti livelli di CO2 nell’aria – incide  sullo sviluppo del carbonato e del fosfato di calcio presenti negli esoscheletri di molluschi e gamberetti, animali base nella catena alimentare marina, sconvolgendo di fatto ogni tipo di equilibrio alimentare preesistente.

Ma i problemi non finiscono qui – rimarca il biologo – ogni mutazione genera vinti e vincitori e se dai nostri mari e dalle nostre tavole rischiano di sparire definitivamente alcune specie, altre, private dei loro predatori naturali, proliferano a dismisura: questo è il caso delle meduse. Le invasioni – dette  fioriture – impoveriscono  i mari di plancton e lentamente erodono gli habitat delle altre specie “plancton-dipendenti”, dai piccoli pesci fino ad arrivare ai grandi cetacei. Questi fattori vanno poi sommati ai danni provocati dalla sconsiderata pesca industriale che nell’ultimo secolo ha impoverito i mari attraverso pratiche distruttive quali la pesca a strascico.

La pesca e l’acquacoltura sono una risorsa fondamentale per quanto riguarda l’alimentazione umana, il settore ittico dà lavoro all’8% della popolazione mondiale e ogni anno consumiamo a testa circa 17kg di pescato: non si può più continuare ad essere ciechi davanti ad un mondo che si avvicina al collasso.

Alessandro Caviglione

 

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