Quando scienza e tecnica vanno a braccetto.
Nell’immaginario comune, la figura dell’ingegnere è da sempre associata al professionista serio, affidabile, “quadrato”, poco incline a mostrare la natura creativa che pur connota la sua indole. Neppure lontanamente ce lo prefiguriamo romantico e sognatore. Pensate solo a come sarebbe andata a finire la carriera di Puccini se i librettisti de La Bohème avessero immaginato il personaggio di Rodolfo pronunciare frasi come: “Chi son? Son ingegnere”, “Che cosa faccio? Calcolo”. Mimì, davanti a cotanta presentazione, sarebbe di certo fuggita, e la critica avrebbe stroncato una delle più belle opere che siano state mai composte. In realtà, nel libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica, Rodolfo dice: “Chi son? Sono un poeta. Che cosa faccio? Scrivo. E come vivo? Vivo. In povertà mia lieta, scialo da gran signore rime ed inni d’amore. Per sogni, per chimere e per castelli in aria l’anima ho milionaria”.
Rodolfo, per fortuna sua (e anche nostra), è appunto un poeta, ma non è così disincantato. Se ci spostassimo all’inizio dell’opera, lo troveremmo attanagliato dal freddo in compagnia di Marcello, l’amico pittore, a cui impedisce di bruciare una sedia preferendo sacrificare il suo scartafaccio. Ne straccia una parte e la getta sul camino: il fuoco si ravviva. Rivolgendosi al suo compagno di sventura, esclama: “Aguzza l’ingegno. L’idea vampi in fiamma!” Ecco allora che, in condizioni d’emergenza, Rodolfo tira fuori il suo senso pratico, anche perché, pur essendo poeta, non ci sta proprio a viver di sole parole e a morir di freddo.
Ritornando a noi, scopriamo che le parole ‘ingegno’ e ‘ingegneria’ hanno la stessa radice latina: ingenium. E in effetti, originariamente, l’ingegnere era inteso come un uomo che, per l’appunto, si “ingegnava”: intelligente, pratico, capace di risolvere problemi. Nell’accezione moderna, il significato si è evoluto e modificato, e oggi per ingegnere s’intende colui che è in grado di trovare soluzioni utilizzando il metodo scientifico, servendosi cioè delle basi teoriche della matematica, della fisica e della chimica, dunque delle scienze pure, che altro non sono che quelle che descrivono i fenomeni naturali.
Fra le tante declinazioni, ha un posto di particolare prestigio l’ingegneria chimica che, al Politecnico di Milano, ha raggiunto gli apici mondiali grazie a Giulio Natta, premio Nobel nel 1963 insieme a Karl Ziegler per le scoperte nel campo della tecnologia dei polimeri.
In linea del tutto generale, l’ingegnere chimico si occupa dei processi di trasformazione chimica della materia e può trovare impiego nelle raffinerie e negli stabilimenti petrolchimici, in quelli di creazione di materie plastiche, vernici, smalti, nelle industrie di produzione e distribuzione dell’energia, nel settore metalmeccanico come in quello tessile.
Richiestissime le sue prestazioni nel controllo qualità e nell’ottimizzazione di processi esistenti anche attraverso l’uso di simulatori; nell’efficientamento energetico, nella riduzione delle emissioni e degli scarti di lavorazione; nello sviluppo di nuove tecnologie (come ad esempio le nanotecnologie), di materiali più performanti o più economici da produrre; in campo farmaceutico come nell’industria alimentare.
Nel caso si debba realizzare un impianto o sviluppare un processo produttivo, spesso si deve procedere per step, testando fattibilità, sostenibilità economica e potenziali rischi, alle diverse scale (cioè a diversi livelli di dimensione e capacità): prima di laboratorio, poi pilota e in seguito dimostrativo, fino ad arrivare alla scala reale.
Infatti, non bisogna mai dimenticare che l’ingegnere, oltre alla parte tecnica di sua stretta competenza, è sempre grado di elaborare stime di costi, tempistiche di realizzazione, valutazioni di impatto ambientale lavorando, spesso e volentieri, in stretta collaborazione con professionisti dei settori più disparati.
Per un ingegnere, niente può essere lasciato al caso o soggetto a interpretazione, che si tratti di una metodologia di lavoro o del dimensionamento di un’apparecchiatura. Per questo motivo, ha la fama di essere un po’ “rigido”: pignoleria e precisione fanno parte del suo carattere.
E, quando lo scoviamo in cucina, non è raro sorprenderlo a osservare e misurare gli alveoli di un panettone, oppure ascoltarlo spiegare i processi della fermentazione alcolica e poi malolattica in un vino, o ancora coglierlo a illuminarsi quando può parlare liberamente di processi di distillazione continua e discontinua con un bicchierino di grappa o rum fra le mani.
Susi Bonomi