La degustazione di un’ostrica è davvero un’esperienza indimenticabile, ma se non amate il cibo crudo è meglio che vi asteniate. L’ostrica è un concentrato di mare, di meravigliosi profumi e sensazioni, apprezzabili solo a crudo. Diffusa lungo le coste di mari e oceani temperati (la questione della temperatura è molto importante), l’Ostrea, cioè l’ostrica, viene allevata in estesi bacini marini sotto la cura vigile di produttori esperti. Non è facile trovarla nei nostri mercati, soprattutto non è facile trovare le numerose varietà in tutti i mesi dell’anno. Sì, perché, contrariamente alla diffusa credenza, tutta francese, che ne raccomanda il consumo solo nei mesi con la “r”, cioè da settembre ad aprile, (incluso gennaio, in francese Janvier, con la “r” appunto), ci sono anche le cosiddette “triploidi”, ostriche sterili, frutto di un incrocio particolare, utilizzate in tutte le stagioni.
Un universo da scoprire
L’argomento è complesso, perciò ci siamo rivolti a Francesco Zanoletti, patron, con Vittorio Fenoglio, del bistrot milanese Ostriche&Vino. Di certo, le conoscono bene le ostriche, perché nell’arco dell’anno ne trattano ben 48 varietà, ovviamente non tutte contemporaneamente, perché ognuna ha tempi di maturazione diversi. Però ogni sera ne propongono da 8 a 12, secondo il periodo. Da maggio ad agosto ricorrono anche qui alle triploidi, grasse e non lattiginose, per rimpiazzare quelle “invernali”, in riproduzione durante l’estate. Le loro ostriche vengono prevalentemente dalle coste francesi, da Normandia e Bretagna, scendendo lungo la costa atlantica, per toccare il Mediterraneo con quelle dell’areale di Montpellier e con una varietà italiana, la Speciale di San Teodoro (Sardegna). È davvero un universo incredibile quello dell’ostricoltura e, attraverso Francesco, ne scopriamo il valore. Le ostriche filtrano l’acqua marina, si nutrono di plancton, di alghe e di altri elementi disciolti. Proprio come il vino, le ostriche mutuano il loro sapore dall’ambiente in cui si sviluppano: sale, temperatura, ossigeno, luce… Questi molluschi giungono “a maturazione” dopo i 3 anni (le varietà tropicali sono più veloci, ma anche meno pregiate). E, come il vino, subiscono un “affinamento” in bacini chiamati “claires”, ora di acqua salata (in questo caso, l’ostrica risulta di sapore più marcato e salino), ora di acqua dolce (qui, l’ostrica può prendere sentori di nocciola, di erbe aromatiche, ecc.). «Le claires sono canali d’acqua dolce legati al mare, tipici della zona di Marenne-Oléron che – ci spiega Francesco -rappresenta la regione di produzione più importante della Francia. Da La Rochelle ad Arcachon, il paesaggio costiero è costellato di allevamenti di ostriche.»
Le ostriche migliori?
Difficile stabilirlo. Non sempre vale l’assioma “maggiore il prezzo, maggiore la qualità”. “La migliore – sottolinea Francesco – è quella che ti piace di più.”
Le ostriche possono essere a conchiglia piatta o concava. Le concave si distinguono in Fines, Speciali e Pousse in base al tipo di allevamento, alla concentrazione di molluschi per mq, alla durata dell’affinamento. Le Fines possono diventare “Verdi” se affinate in acque dove è presente la “Navicule Bleue”, un’alga che ne determina colore e sapore. In generale, però, le varietà più pregiate sono:
- la Belon, piatta, dalla carne molto delicata per l’affinamento in acque dolci, ricche di minerali e metalli, tra i quali il ferro
- la Pousse en Claire Label Rouge, concava, prodotta in quantità limitata. Nei claires per 8 mesi, ha sapore molto raffinato e una notevole massa carnea. Anche la Label Rouge Vert è molto ricercata perché si affina in claires di 2-4 pezzi per mq secondo un rigidissimo protocollo.
Freschezza e consumo
Francesco Zanoletti ci mette in guardia: “Mai mangiare un’ostrica entro le 12 ore dalla cattura, ma dopo 3 giorni, come fanno i Bretoni”. Questo perché il mollusco è molto sensibile e risente delle variazioni ambientali. Dall’acquisto al momento del consumo occorre fare attenzione alla temperatura, sempre tra 0 e +4 °C, pena la morte del mollusco. Quando si acquistano le ostriche, le valve devono essere ben chiuse, indice che il mollusco è vivo e quindi il prodotto è fresco. Se in una cassa si trova un’ostrica aperta, bisogna buttarla perché è morta e quindi deteriorata. Nel frigorifero, le ostriche devono essere conservate integre, senza alcuna copertura che impedirebbe il passaggio dell’aria attraverso le valve: rispettando temperatura e ventilazione, si mantengono perfette fino a 12 giorni. Una volta aperte, si deve osservare il colore dell’acqua all’interno: se è limpida, cristallina ed emana un buon profumo di mare, allora si possono degustare in sicurezza.
Come servirle
Si dispongono aperte su un piatto. Il letto di ghiaccio non è fondamentale, ideale però è stendere uno strato di alghe tra ghiaccio e ostriche. In Bretagna le vendono proprio appoggiate sulle alghe, tenendole tra 0 e +4 °C.
Si accompagnano con limone e pepe, o vinaigrette, fatta con aceto e scalogno; anche con burro salato e maionese con aromi. E poi non può mancare il pane nero, meglio se realizzato secondo una tipica ricetta bretone a base di segale.
E quale bevanda? Le bollicine? No, meglio evitare champagne e vini mossi perché alterano le papille… Più adatti i vini bianchi fermi e poco aromatici come il Muscadet, un bianco della Loira, o per stare sui vini italiani, un Falanghina o un Ribolla gialla.
“Non a caso ci chiamiamo Ostriche&Vino” ci ricorda Francesco.
Carmen Rando