NANOBOLLE D’OSSIGENO

Ecco come arricchire l’acqua d’irrigazione delle piante per migliorarne salute e produttività. Sappiamo tutti oggi quanto una buona ossigenazione sia importante per la salute. Durante la pandemia abbiamo scoperto il saturimetro, l’apparecchio che serve a misurare la percentuale di ossigeno nel sangue, e imparato a controllarla. Quando è troppo bassa, ci sentiamo senza forze, confusi… Per nutrirci di ossigeno, dobbiamo respirare.

 

 

 

Come noi, anche le piante si nutrono di ossigeno. Mentre di giorno, come sappiamo, attraverso il processo di fotosintesi convertono anidride carbonica e acqua in zucchero e ossigeno, che liberano nell’ambiente, di notte lo assorbono, respirandolo come noi, e rilasciano anidride carbonica.

C’è però di più. Maggiore è la quantità di ossigeno a cui hanno accesso le cellule radicali, maggiore è il tasso di respirazione cellulare e maggiore l’assorbimento di acqua e sostanze nutritive. Ciò porta a masse radicali più grandi, migliore salute delle piante, migliore crescita e rese più elevate.

È questa l’intuizione che ha portato a sperimentare, a livello agricolo, una nuova tecnologia: l’iniezione di nanobolle di ossigeno nell’acqua di irrigazione. Questo sistema si è effettivamente rivelato capace di aumentare in modo significativo e sostenibile i livelli di ossigeno disciolto (DO) nell’acqua, e quindi migliorare la capacità di ossidazione – la reazione con l’ossigeno – di quest’ultima, e renderla in grado di abbattere i contaminanti, di sopprimere la crescita di alghe e patogeni anaerobici come Pythium e Phytophthora, di favorire la crescita di microrganismi benefici come le micorrize. Questi funghi entrano in simbiosi con le radici delle piante, fornendo loro i nutrimenti presenti nel terreno e ricevendo in cambio i carboidrati di cui si nutrono, instaurando quindi un rapporto di mutuo supporto e vantaggio.

L’utilità di queste microbolle di ossigeno che misurano tra i 70 e i 120 nanometri di diametro (sono circa 2.500 volte più piccole di un granello di sale) è davvero ad ampio spettro. Se da un lato la superossigenazione e le proprietà chimiche e fisiche uniche delle nanobolle conferiscono all’acqua così trattata una qualità che contribuisce a migliorare la salute del suolo, aumentando la disponibilità di nutrienti per le colture e l’efficienza nell’assorbimento d’acqua e nutrienti da parte delle cellule radicali delle piante, dall’altro questo metodo semplice, naturale, economico e collaudato è in grado di migliorare nel suo complesso la struttura del suolo, riducendone la compattazione e aiutando anche a combatterne eventuali problemi di salinità.

Piccolissime, dalla superficie dura e carica elettrica negativa, facilitano la filtrazione dell’acqua nel terreno, poiché determinano una riduzione della sua tensione superficiale. Come ci spiegano i ricercatori, tale riduzione implica un “angolo di contatto” inferiore dell’acqua con il suolo, che si traduce in una sua migliore penetrazione e distribuzione, particolarmente rilevante nei terreni colpiti da siccità e in generale idrofobici. Uno degli effetti della siccità, infatti, è che la ‘bagnabilità’ (ovvero la capacità dell’acqua di mantenere il contatto con il suolo) diminuisce. Senza intervento diretto, l’infiltrazione nei suoli colpiti dalla siccità è molto bassa, problema grave perché determina un calo dei livelli di materia organica, e quindi scarsezza di nutrienti adeguati, e morte di diverse comunità microbiche necessarie. Non solo. La riduzione della tensione superficiale dell’acqua offerta dalla tecnologia delle nanobolle consente alle piante di utilizzare meno energia per assorbirla. Libere da un dispendio energetico non necessario, le colture crescono più robuste e vigorose.

Tradizionalmente, i mezzi utilizzati per ridurre la tensione superficiale dell’acqua consistevano nell’applicazione di tensioattivi chimici. Si trattava di metodi costosi, potenzialmente dannosi a livello ambientale. L’utilizzo delle nanobolle, invece, non solo non richiede l’utilizzo di prodotti chimici, ma supporta uno sviluppo sano di terreno e ambiente.

Come aggiungono i tecnici di Moleaer, l’azienda statunitense che nel 2016 ha prodotto per la prima volta su scala industriale le nanobolle, queste ultime – dotate di carica elettrica negativa – attivano anche un naturale effetto scrubbing all’interno degli irrigatori, rimuovendo il biofilm che si accumula nelle linee di irrigazione ed eliminando la necessità di utilizzare prodotti chimici per pulirli.

Ovviamente, a supporto della veridicità di tutto quello che abbiamo raccontato ci sono tantissime applicazioni in strutture agricole nel mondo – Cile, Messico, Paesi Bassi, Spagna o Stati Uniti –, il che dimostra come l’efficacia della tecnologia sia indipendente dall’area geografica e dalle condizioni particolari dell’ambiente. E si possono citare validazioni di vari centri di ricerca, tra cui Cajamar e Agrocolor, in Spagna; GAMA, in Cile; NovaCropControl e Delphy, nei Paesi Bassi; e diverse Università statunitensi, tra le quali UCLA, Arizona State University, Clemson University, University of Pittsburgh, Virginia Tech University, e nei Paesi Bassi Wageningen University.

Potrò provare sul mio terrazzo?

Marta Pietroboni

marta.pietroboni@cibiexpo.it

 

 

 

 

 

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