Il cuoco che crede nella famiglia e fa da mangiare immerso nella natura. Davide Nanni cucina praticamente da sempre. Nato a Roma, quando ha 6 anni segue i genitori in Abruzzo e, grazie ai nonni che hanno un’azienda agricola, fa le prime esperienze in campagna e in cucina.
Quando i genitori aprono una locanda, l’impegno si fa serrato. Nanni li aiuta, si iscrive all’Istituto alberghiero, fa esperienze in tantissimi ristoranti e poi decide di andare negli Stati Uniti per un periodo di vita e di lavoro. Lì, però, non trova la cucina autentica che ha lasciato e, nonostante stia guadagnando bene, frustrato e demotivato affronta una crisi professionale e personale. Si muove d’istinto. La nostra intervista inizia con il racconto di Davide.
Cominciamo con la prima delle due giornate che ti hanno cambiato la vita.
Lo chef del ristorante americano in cui lavoravo mi ha chiesto di mettere una polpetta sulla pasta all’amatriciana; non era una novità, ma quel giorno mi sono impuntato. Ho detto che quegli abbinamenti impresentabili non li avrei fatti più. Il mio capo ha insistito ancora un po’, e io me ne sono andato. Dopo 7 giorni, ero in Italia. Tre giorni dopo il mio arrivo, gli aeroporti sono stati chiusi per il Covid. Era destino tornassi…
Effettivamente, appena arrivato in Italia, trovi una nuova ispirazione grazie alla famiglia e alla natura. Puoi raccontarci come ti è venuta l’idea che ti ha poi reso noto, il “Nanni back to the wild” dei social?
In realtà, non è stata un’idea, nel senso di qualcosa di strutturato e progettuale, e nemmeno il frutto di particolari abilità. Avevo già fatto diversi video in cui ero il solo protagonista. Altri ne avevo realizzati con amici, ma non avevano avuto particolare fortuna o seguito. Quando ho girato quello che poi è diventato virale, in realtà volevo semplicemente cucinare qualcosa di buono e godermi una giornata con mio padre. Gli avevo infatti proposto di andare a fare una mangiata alla vigna di nonno per stare insieme noi due, senza idee particolari. Poi, arrivato sul posto, ho deciso di riprendere la preparazione del pranzo – una bella zuppa di cipolle –, le nostre chiacchiere e il banchetto, in modo amatoriale, e ho pubblicato il video sul mio profilo social. Dopo una settimana, aveva più di un milione di visualizzazioni. Ma la cosa che mi ha colpito di più, oltre a questo, sono stati i tantissimi commenti di apprezzamento al tipo di vita raccontata dal video. Direi che sono stati i commenti a farmi imboccare la strada che oggi percorro, a far prendere forma all’idea di cucinare all’aperto, immerso nella natura e in compagnia dei famigliari. Non era solo la cucina, ma l’intera esperienza di vita semplice e genuina che attirava l’attenzione del pubblico. Così ho cominciato a fare video simili, perfezionandoli. Ognuno era un pezzo di vita condiviso, una finestra su un mondo che molti desideravano.
Facile o difficile fare queste riprese?
Cucinare sul fuoco è molto più stancante che farlo in cucina, perché devi portare padelle pesanti, adattarti alle condizioni atmosferiche, ecc… E poi devi riprendere tutto velocemente, prima che si raffreddi, che cambi aspetto, luce… Aggiungo anche che devo mantenere in equilibrio le mie due esistenze, questa e quella che mi vede impegnato a gestire il ristorante di famiglia.
Che ricadute ha avuto questa notorietà sulla tua vita?
Beh, ha permesso a me e alla mia famiglia di continuare l’attività dei nonni, e farlo bene, con soddisfazione. Adesso, il ristorante è già tutto prenotato per giugno, luglio, agosto e settembre. Spesso, a fine pranzo ci fermiamo a fare due chiacchiere con i clienti, che sono curiosi; scambiamo opinioni, diventiamo amici.
Cosa tiene insieme tutto e ti sostiene, visto che immagino lavorerai tantissime ore al giorno?
Il valore della famiglia. Spesso, sapendo che c’è, la trascuriamo, e invece credo debba essere oggetto di più attenzioni e impegno. Poi, il piacere di incontrare persone nuove. È importante la genuinità. Raccontare nei video il rapporto che ho con papà, con nonno – vedendo anche i commenti che ricevo – penso sia uno stimolo positivo per tanti.
Qual è la cosa che in fondo ti piace di più fare?
Conoscere gente.
Leggo sempre in quest’ottica il tuo aver appena pubblicato un libro. Ci dici qualcosa a riguardo?
S’intitola A sentimento. La mia cucina libera, sincera e selvaggia. È un diario di cucina, scritto parallelamente a una biografia, divisa in periodi di vita: emozioni, esperienze e radici. Per ogni periodo racconto qualcosa di personale e lo correlo a ricette; riflette la mia filosofia di lavoro e di vita, collegando i diversi piatti a momenti significativi della mia esistenza. Penso sia piaciuto per questo; è un volume un po’ diverso dai soliti libri di cucina. L’ho scritto con la collaborazione di Mondadori, a cui devo molto perché è stato tutto rivisto e corretto da editor professionisti, che lo hanno reso quello che è.
Nanni è oggi un uomo di 33 anni, capace di guardare indietro al suo percorso con gratitudine e avanti con entusiasmo.
Marta Pietroboni