Psicoterapeuta, membro dell’Osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza e del Comitato ONU sui diritti del fanciullo, è presidente della Fondazione Movimento Bambino ONLUS.
Maria Rita Parsi, psicopedagogista, docente universitaria, editorialista, ha scritto e pubblicato molto, inclusi i documenti “Carta di Alba” per la tutela dei bambini in Internet e “Carta di Roma” per una visione bambinocentrica della società. Ha messo a punto la metodologia della “psicoanimazione”, della quale vorrei ci parlasse.
La ringrazio per il tempo che dedica ai lettori di CiBi. Ci spiega che cos’è la psicoanimazione?
È una metodologia d’intervento terapeutico, culturale e artistico. Partendo dalla scuola e facendo ponte tra famiglia e contesto sociale, mette in condizione i ragazzi di crescere in un ambiente di cui capiscono i codici, le norme, in cui riescono ad apprezzare l’importanza della conoscenza e a evitare esperienze distruttive. Come nodo centrale c’è la scuola. Il nostro progetto “La Scuola al Centro” prevede, in ogni struttura, laboratori, presentazione di libri, momenti d’incontro, confronto con i genitori, équipe medico-psico-socio-pedagogiche, biblioteche e centri culturali, poli museali.
È un progetto ambizioso…
Viene da lontano, dagli anni Settanta. Però allora non avevamo il web a disposizione per fare una mappatura culturale, sociale, legale, artistica, educativa del territorio. La psicoanimazione fa dell’educazione, della preparazione dei formatori, la propria base. La scuola deve essere rafforzata all’ennesima potenza. Lì i minori, il futuro di ogni società civile, apprendono legalità. Può sembrare un’utopia; però, come diceva Oscar Wilde, una mappa del mondo che non preveda il Paese dell’Utopia non merita neppure uno sguardo.
Il compito della scuola?
Non deve selezionare, esaltare il bravo e dimenticare quello che non ce la fa o addirittura si oppone, è aggressivo, distruttivo. La scuola è lì per educare, che significa “educere”, far emergere ciò che si trova all’interno della persona. Bisogna capire che non si nasce a caso delinquenti o dissociati, ma che c’è sempre una storia per ogni orrore e per ogni errore. Se si cerca di superarli, la società cambia. Adesso la scusa che non si sanno certe cose, che non si possono vedere e capire, non c’è più.
Lei ha un’evidente passione per il lavoro che fa. Da cosa nascono le sue scelte professionali?
Io ho sempre lavorato per il recupero del dialogo familiare. E ho sempre insegnato, da quando ero giovanissima. Tra le tante cose che ho scritto, prevalentemente saggi, ora è uscito il mio quinto romanzo. Ci ho messo 12 anni e si intitola Stjepan detto Jesus, il figlio. Il romanzo dei bambini che vengono al mondo per salvarlo e per salvare i loro genitori. Il manifesto del Movimento Bambino inizia dicendo: “I bambini sono poeti: agiscono”. Credo profondamente nella parte bambina di noi che può sconfiggere, se curata con attenzione, il nemico interno che produce disfunzionalità. Importante è riuscire ad approfondire con coraggio e determinazione gli strumenti per valorizzarla. Come dice Albert Einstein, è un dono sacro mentre la mente razionale è il suo servo. Abbiamo creato una società che esalta il servo e dimentica il dono sacro. Io lavoro per il dono sacro.
Mi dica di una soddisfazione che le è venuta dal lavoro e dalle esperienze che ha fatto.
Sono talmente tante che mi hanno riempito la vita. Continuo a lavorare su di me, cercando di portare avanti il più possibile dei cambiamenti che riguardano me per prima. Io non chiamo pazienti le persone che seguo; li chiamo allievi perché faccio la guida, spero una buona guida. Però la scalata è compito loro; quindi il successo è loro, non mio.
I problemi legati all’alimentazione come impattano su bambini e adolescenti?
Tutto nasce progressivamente, tappa per tappa; quindi, quando si manifesta un disturbo alimentare, è la storia di quel disturbo che va analizzata. Il cibo è il primo legame con la vita: all’inizio, madre e bambino sono tutt’uno. Poi, con l’allattamento passano dalla simbiosi alla diade. Tutte le cure che tu ricevi si basano sul cibo come primo legame con la vita. L’obesità, la bulimia, l’anoressia hanno delle ragioni d’essere. Il cibo tante volte è un sedativo; oppure tu t’ingozzi per poi vomitare ed esprimere in questo modo il tuo disgusto; altre volte ancora dici: non voglio niente da voi, perché per me siete un veleno, quindi mi nutro di me stesso.
Si può curare quello che non ha funzionato nell’instaurarsi di questo legame?
Certamente. È ciò che cerchiamo di fare. Tutte le energie vanno messe a sostenere la voglia di vivere, scegliendo una giusta nutrizione. Io sono nata di 8 mesi, con il forcipe, il 5 di agosto, 40 gradi all’ombra. Ciascuno è anche il risultato dell’inizio; il mio è stato come un primo segnale di tutto quello che di faticoso, di coraggioso avrei dovuto affrontare nella vita.
La pandemia secondo lei ha avuto e ha delle conseguenze?
Certo. Adesso si deve tirar fuori tutto il dolore sofferto durante questo periodo. Le manifestazioni potrebbero partire anche dal cibo… essere segnali di come si è affrontato, oppure non si è riusciti a sopportare, quello che si è vissuto.
Paola Chessa Pietroboni