La bomba (batteriologica) che non ti aspetti. In estate, la gestione degli alimenti – che siano freschi oppure scarti – si complica. Alcuni consigli.
Aumenta il caldo e la gestione di cibo e rifiuti diventa più complessa. Sia fuori dal frigorifero che dentro, gli alimenti deperiscono in fretta, e nel bidone dell’umido fermentano, crepitano e assumono aspetti inquietanti, emanando odori sgradevoli rapidamente.
La putrefazione del cibo dà vita a batteri, microbi, salmonelle, virus, lieviti e muffe a cui sarebbe bene prestare più attenzione di quanta normalmente ognuno di noi non faccia, anche perché i contenitori della differenziata e dell’organico sono comunemente sistemati sotto il lavello della cucina, e quindi in casa.
Studiando un po’ il tema, si scopre che circa il 30% delle malattie che dipendono dal modo in cui ci nutriamo (dato dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare), e cioè intossicazioni, infiammazioni e allergie della pelle, o disturbi digestivi e malesseri continui, è provocato direttamente dalle scarsissime condizioni igieniche di preparazione e conservazione domestica dei cibi.
Sicuramente, concentrandoci sugli scarti alimentari, il problema è aggravato dalla mancanza di istruzioni chiare su come gestire i rifiuti, e in specifico quelli organici, in casa. Se è indubbia l’importanza ambientale dell’introduzione della raccolta differenziata, è evidente anche la carenza di informazioni, consigli e strumenti forniti ai consumatori.
I rifiuti organici in cucina possono infatti avere un impatto tossico se non gestiti correttamente, e la questione merita di essere sviscerata.
Se da un lato la decomposizione dei residui organici produce metano e anidride carbonica, gas serra potenti che contribuiscono al cambiamento climatico – cosa di cui molto si scrive –, dall’altro lato rilascia COV (Composti Organici Volatili), che possono avere effetti negativi sulla qualità dell’aria delle abitazioni e quindi sulla salute umana, tema forse meno affrontato. E non solo: i rifiuti organici in molti casi diventano un terreno fertile per batteri patogeni come Salmonella, E. coli e Listeria, capaci di contaminare la cucina e causare malattie fastidiose, e muffe o funghi, alcuni dei quali producono micotossine a loro volta pericolose per la salute; e ricerche recenti hanno mostrato come la biodegradazione incompleta dei rifiuti organici possa portare alla formazione di ammine biogene e nitrosammine, composti anche in questo caso tossici.
E, quindi, che fare? Proviamo a riassumere alcune importanti buone pratiche.
Ovviamente, in primis, pianificare i pasti e fare la spesa con attenzione, consumare gli avanzi e conservare correttamente gli alimenti, con lo scopo di ridurre al massimo gli sprechi e i rifiuti; poi, quando possibile, tenere all’esterno il sacchetto dell’umido, su un davanzale, un balcone o, in alternativa, metterlo nella zona più fresca della cucina, al riparo da fonti di calore e dai raggi del Sole; portare ogni sera il proprio umido nei bidoni condominiali; lavare con frequenza i contenitori casalinghi – l’ideale è con acqua e candeggina o acqua calda e aceto – cospargendone alla fine il fondo di sale e spruzzando un po’ di aceto lungo i bordi, per tenere lontani gli insetti.
Se avete però poco tempo e amate le novità, potete provare un’altra strada: sfruttare le tecnologie di trattamento avanzato, come quello con enzimi, o la digestione anaerobica o aerobica.
L’uso di enzimi specifici può accelerare la decomposizione dei rifiuti organici, diminuendo la formazione di composti tossici e migliorando l’efficienza del compostaggio, e gli impianti di digestione aerobica o anaerobica possono trasformarli in fertilizzanti e biogas, riducendo l’impatto ambientale e producendo energia rinnovabile.
I digestori da cucina, già disponibili sul mercato, possono trattare tutti i rifiuti organici domestici. Funzionano in modo semplice. Riempiti di avanzi di cibo, bucce di frutta e verdura, fondi di caffè e gusci d’uovo, li decompongono tramite processi biologici, che possono avvenire attraverso la digestione aerobica (con ossigeno) o anaerobica (in assenza di ossigeno) e producono o compost, utilizzabile come fertilizzante per piante e giardini, o biogas per cucinare o generare energia.
I digestori aerobici, che impiegano ossigeno per decomporre i rifiuti, sono più semplici e rapidi e producono compost velocemente; i digestori anaerobici, che sfruttano un ambiente privo di ossigeno, sono più complessi e richiedono un sistema chiuso, ma producono biogas come sottoprodotto.
I vantaggi dell’uso di un digestore da cucina sono vari: trasformano i rifiuti in risorse utili, come appunto fertilizzante naturale per piante e giardini ed energie rinnovabili, e riducono le emissioni di gas serra, perché la digestione anaerobica controllata rispetto alla decomposizione incontrollata contiene significativamente le emissioni di metano.
Si può essere innovativi e sostenibili.
Marta Pietroboni