Consiglia sempre ai suoi studenti d’innamorarsi fin da bambini di una qualsiasi attività. Lui, climatologo, ricercatore, divulgatore, lo ha fatto.
Nato nel 1966 a Torino, quindi vicino alle Alpi, faceva lì le vacanze, e la montagna e i ghiacciai sono sempre stati per lui fonte di grande curiosità. Si occupa da più di 30 anni di cambiamento climatico, da quando era una teoria scientifica per pochissimi, praticamente inesistente nel dibattito pubblico, a oggi, con le tante impreviste alterazioni che provano tutti sulla propria pelle.
Lei ha iniziato ad appassionarsi da ragazzo, giusto?
Cominciare presto vuol dire avere le idee chiare e avere più tempo per apprendere; quindi, mi sembra un buon consiglio coltivare gli interessi precocemente per prepararsi alle future attività. Tra l’altro, come diceva Primo Levi, questa è una delle migliori garanzie per una vita felice, perché, almeno, uno fa quello che desidera, un lavoro che piace, non un’occupazione per forza.
Meteorologo e climatologo. Mi spiega la differenza?
La meteorologia studia quello che succede in un certo luogo a breve termine: 2 o 3 giorni, una settimana; il clima, invece, copre tempi che arrivano anche a milioni di anni. Quindi, possiamo dire che il clima è la somma del meteo giornaliero.
Lei è stato anche un previsore di valanghe.
Durante il servizio militare l’ho fatto per gli Alpini e la NATO. Si mettono insieme tutti i dati relativi alla tipologia di neve che c’è su un certo territorio con l’obiettivo di stilare un bollettino d’informazione, ed eventualmente d’allerta. È il bollettino che tutt’oggi le amministrazioni pubbliche diramano. Quando il rischio è 5, meglio rimanere a casa.
C’è chi comunque rischia.
C’è più gente che va in montagna; quindi, statisticamente, aumentano le probabilità, e poi c’è anche una frenesia tipica dei nostri tempi. Penso alle 2 ragazze svedesi che sono morte a marzo a Courmayeur, sul Monte Bianco. Avevano fatto tanti chilometri per arrivare e forse hanno sfidato i bollettini di pericolo. Il rischio 3 non è elevatissimo, ma neanche trascurabile. Certe volte, se la vacanza è breve, si va lo stesso. Poi, purtroppo, le disgrazie capitano.
Parliamo di cambiamento climatico. Siamo davvero al limite delle possibilità di risoluzione del problema?
Purtroppo sì. È il 1992 quando a Rio de Janeiro si tiene la Conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente e sul clima, il Summit della Terra. Ed è lì che viene firmata la Convenzione sul clima delle Nazioni Unite tuttora in vigore. La quale dice che il rischio a cui va incontro l’umanità per i cambiamenti climatici è enorme e inedito. Bisogna fare di tutto per limitarlo. Sono passati 30 anni. Non abbiamo fatto niente. Anzi, abbiamo via via peggiorato la situazione. Il risultato è che oggi i sintomi sono palesi. Il clima è già cambiato e non tornerà indietro. Non si può recuperare se non su tempi di migliaia e migliaia di anni. Per cui, adesso possiamo solo limitare il peggioramento. I problemi sono già in atto: siccità, ondate di calore, eventi estremi intensi, alluvioni. Quindi, bisogna diminuire il prima possibile le emissioni di gas effetto serra per frenare l’aumento della temperatura. Se non lo facciamo, l’aggravamento porterà a fine secolo a un pianeta ostile per le generazioni future.
Forse, delle generazioni future attualmente importa poco.
Quando parlo di generazioni future, penso ai bambini di oggi; sono persone che vediamo già in faccia. I nostri ragazzi, i nostri figli, i nostri nipoti sono già qui. E protestano giustamente per questa indifferenza. Sono i Fridays for Future, quella parte di giovani, di studenti, che negli ultimi 3 o 4 anni, sull’onda dell’iniziativa di Greta Thunberg, attenta a quanto dice la scienza, si sono un po’ svegliati e giustamente hanno paura, si preoccupano dell’indifferenza che c’è nei confronti del problema.
Visto che il problema è grave, come mai nessun Governo si muove in modo deciso, perlomeno per limitare le conseguenze?
Quando mai l’umanità dimostra di muoversi con anticipo di fronte ai problemi? L’uomo in genere vive alla giornata. E, alla giornata, ci sono altre convenienze, il costo della vita, le tasse… Il tema ambientale alle persone non piace; è molto meglio far finta di niente. Finché la popolazione mondiale non interiorizza il fatto che il cambiamento climatico ci può uccidere tutti fra 50 o 100 anni, non ce ne preoccuperemo. Eppure, basta aprire il sito Copernicus dell’UE e il suo archivio di dati climatici satellitari. Si vede per ogni mese la carta della temperatura terrestre. Ci sono delle zone azzurre dove ha fatto un po’ più freddo e delle zone rosse dove ha fatto più caldo. Le zone azzurre sono sempre molto più piccole di quelle rosse. La Terra si sta riscaldando.
Come è iniziata nel 2003 la storia della sua partecipazione alla trasmissione di Fabio Fazio “Che tempo che fa”?
Vent’anni fa abbiamo portato all’attenzione del pubblico il tema climatico. Poi il contenuto importante sulla meteorologia e sul clima nel tempo si è ridotto. Il Covid è diventato più protagonista del clima.
Solo che il clima continua, il Covid speriamo di no!
Esatto. Ma i professionisti del settore non sono mai stati ascoltati, incluso il sottoscritto.
Paola Chessa Pietroboni
Divertirsi con la scienza
Luca Mercalli ha partecipato anche a diversi spettacoli teatrali, quello più noto con la Banda Osiris: “Non ci sono più le 4 stagioni”, portato con successo in tutta Italia per un paio d’anni. Un modo diverso per comunicare argomenti molto seri attraverso l’ironia, la musica, il cabaret. Mercalli è anche autore di molti libri tra cui Non c’è più tempo, Il clima che cambia, Salire in montagna e il fumetto Il tuo clima.