Di recente ho organizzato un “caffè scientifico” dal titolo A tavola con gli insetti, l’entomofogia è ancora un tabù? che ha destato eccezionale partecipazione tra i cittadini. I commenti andavano da: «non ci vorranno far mangiare insetti, che schifo!» a «si possono confezionare leccornie, lo ha scritto anche Cracco, quello di Masterchef!».Dato che l’uomo mangia di tutto e che proprio grazie a questa caratteristica ha esercitato la straordinaria pressione competitiva che gli ha permesso di colonizzare la Terra, perché non cibarsi d’insetti? FAO e ONU sono decisamente favorevoli.
D’altronde l’entomofagia, cioè il consumo d’insetti crudi o cotti, è una pratica alimentare comune a circa due miliardi di persone nel mondo. Non in Occidente, anche se esistono alcune eccezioni, come il Casu Marzu sardo (letteralmente “formaggio marcio”), prodotto dalle larve della mosca Piophila casei, che si mangiano vive insieme al formaggio. O l’ingestione inconsapevole degli scarabei rossi e delle coccinelle usati come agenti coloranti in molti alimenti e bevande. Ma la pratica è destinata a diffondersi anche da noi. In Belgio è stato di recente approvato il consumo alimentare di 10 tipi d’insetti per far fronte alla crescente richiesta degli immigrati.
Molti benefici, pochi costi
Le specie commestibili sono oltre 2000: cavallette, grilli, larve di coleottero, formiche, scarabei, falene… Dal punto di vista nutrizionale forniscono proteine di buona qualità (come la carne) e grassi buoni (come il pesce), sono ricchi di vitamine e di sali minerali. Visto che l’attuale sistema alimentare è vicino all’insostenibilità (per l’incremento della popolazione mondiale e del livello complessivo di benessere, oltre che per i cambiamenti climatici che mettono a rischio le produzioni), gli insetti possono rappresentare una vera risorsa: si allevano in poco spazio, emettono quantitativi ridotti di gas serra, richiedono meno acqua e si riproducono velocemente. La resa è alta: con 10 chili di mangime si ottengono 9 chili di insetti (locuste), contro un solo chilo di carne bovina. Inoltre, la percentuale della massa consumata è maggiore negli insetti (per esempio il 100% nei grilli o nelle larve) che in animali come il pesce e il pollo, dove è solo il 60-65%.
Chi li ha provati ha detto che sono buoni e facili da cucinare. Sembrerebbe il cibo perfetto, ma allora cosa ci trattiene? Come spiega il Professor Paul Vantomme della FAO, mangiare gli insetti in alcuni Paesi del mondo, in particolare quelli asiatici, e rifiutarli in altri è un portato storico-culturale e religioso: «Nel cibo niente è normale, tutto è influenzato dalla cultura». Il legame che unisce ogni Paese alle proprie tradizioni alimentari è molto forte. Se è probabile, quindi, che in Italia trascorrerà ancora parecchio tempo prima che si vedano le confezioni di cavallette sui banchi dei supermercati, pare invece molto più concreta (e auspicabile) la possibilità di utilizzare gli insetti come mangime per gli allevamenti animali, in alternativa alle attuali farine di soia e mais.
Ettore Capri
P.S.
L’anno scorso è stato pubblicato il rapporto FAO “Insetti commestibili. Prospettive per la sicurezza alimentare umana e animale”, scaricabile on line di siti www.fao.org e www.caffepo.it