L’AUTENTICA ESSENZA DELL’OPERA D’ARTE

Una composizione con frutta come simbolo di ospitalità.

C’è sempre un mito all’origine delle cose, una ragione archetipica che spiega il loro ruolo simbolico e la loro funzione. In quest’ottica, comprendere un’opera d’arte significa afferrarne l’idea originaria e la sua più autentica essenza, disponendoci a viverla in modo totale come esperienza estetica.

 

 

La genesi dell’idea di “natura morta” come soggetto pittorico risale al concetto greco antico della xenía – da xénos, straniero –dunque ospitalità, ossia i rapporti rituali di accoglienza del forestiero e di riconoscenza di questo verso l’ospitante.

Vitruvio riferisce come gli artisti si preoccupassero di riservare particolare attenzione alla  “mimesis”, ovvero alla  “imitatio naturae”, di questi soggetti che, solitamente, erano costituiti di un cesto di fiori, di frutti e dolcetti, composti come dono con argenteria, porcellane, vetreria, secondo un’idea di bello e utile.

Tutto ciò valeva a siglare una verità, una possibilità e una necessità, un gesto di benvenuto o di riconoscenza, di rispetto o di affetto che rimanesse nel tempo. Dall’originaria xenía i Romani dedussero il motivo ornamentale dei vasi colmi di fiori dipinti con uccelli a decorazione delle pareti delle stanze, come è visibile nella casa di Livia (Livia Drusilla, nobildonna romana, moglie dell’imperatore romano Augusto e trisavola di Nerone, ndr), da cui si può pensare che derivi il soggetto pittorico barocco del “canestro di frutta”, di cui quello caravaggesco  del 1598 fu tra i primi celeberrimi esemplari.

Il madrileno Juan van der Hamen y Gómez de León (1596-1631), di origine olandese, pittore di spicco del ‘600 spagnolo e trait d’union fra la pittura dei Paesi Bassi e la Spagna, oltre a essere un esperto ritrattista e paesaggista, ebbe grande successo grazie alla produzione di ricercate e originali nature morte, molto richieste dai mercanti dell’epoca, genere nel quale si rivelò il più ingegnoso artista della sua generazione. Nella “Natura morta con frutta e uccelli” (1621, El Escorial, Madrid), l’ambientazione con paesaggio in lontananza riporta chiaramente al ruolo originario del soggetto come decoro e dono beneaugurante. Il pensiero del portoghese Francisco de Hollanda (1517-1585), diffuso in Spagna, fu presumibilmente per Juan un riferimento estetico. Formulata sul principio di aderenza al vero fra tradizione e maniera, l’idea in pittura è immaginativa e, guidata da furor  divino, è “phantasia” e conoscenza.

Ave Appiano

 

Dall’arte al piatto

Se vogliamo accogliere al meglio e festeggiare il nostro ospite, ispiriamoci a questa tradizione di natura morta. Vestiamo la tavola con una cesta, un’alzata  o una grande coppa di maiolica, ricolme di fiori e frutta e ramaggi con fogliami che ci possono ispirare a preparare un bel dono di ospitalità, estetico quanto poetico ma anche “storico”. Possiamo poi completare con canditi di frutta, frittelle di mele, frutta secca caramellata, il tutto presentato in un piatto antico di porcellana bianca e blu (ispirata al commercio nel Seicento olandese con l’Oriente, sulla via della seta) o in un cesto artigianale intrecciato a mano.

Ma non solo fiori e frutta: ricordiamoci infatti che non c’è nulla di più simbolico che offrire al proprio ospite del pane, che rende “compagni” coloro con i quali lo si divide. Il pane è sacro; ecco perché in moltissimi Paesi (dal Canada alle valli montane piemontesi), prima di infornarlo, viene benedetto.

Nelle tradizioni dell’Est Europa è abitudine offrire agli invitati un vassoio di legno con pane, sale e grappa. Il sale è simbolo di rispetto e fiducia e, non dimentichiamolo, aiuta a tenere lontano il maligno. Ecco perché, se entriamo in un’abitazione in Romania, dobbiamo attendere in cortile che il padrone di casa ci serva su un vassoio di legno del pane, cosparso con del sale grosso, di cui, prima del pranzo, tutti andranno a servirsi. In Arabia Saudita esiste perfino un’espressione riconducibile a “C’è pane e sale tra di noi” per indicare il patto di onestà e gratitudine reciproche derivato dal mangiarli insieme. La grappa, naturalmente, viene offerta in segno di abbondanza e generosità.

Ecco allora il benvenuto ideale: fiori e frutta fresca, magari dei crostini un po’ alti di pane fresco ben lievitato – anche il lievito ha una forte valenza simbolica in quanto è alla base dei processi di trasformazione – spalmati generosamente con burro salato. E se volete creare un piacevole contrasto con l’acidità della frutta, consigliamo qualche gambero crudo o leggermente scottato e zeste di limone, che con l’arancio è frutto del Paradiso Terrestre. Non dimenticate l’abbinamento con una bevanda alcolica: al pari del pane, queste sono frutto di una trasformazione e di una purificazione e, quindi, in grado di trasferire all’uomo tutte le energie primordiali. Un calice di vino o birra, o, in questo caso, osare anche con un bicchierino di gin con olio d’oliva, emblema quest’ultimo di purificazione, armonia e temporalità.

Un’ospitalità che è un trionfo di gusto, simboli e bellezza.

Chiara Caprettini

www.nordfoodovestest.com

 

 

 

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