L’European Institute of Innovation &Technology (EIT) è un ente che facilita lo sviluppo di partenariati europei tra enti di ricerca, istruzione superiore e grandi aziende. L’EIT è stato costituito per superare la frequente disconnessione tra quello che si fa nei laboratori di ricerca e quello che poi viene trasferito al comparto industriale, in termini sia di servizi sia di prodotti di tipo commerciale. I finanziamenti europei per i progetti sono consistenti, la ricerca è di alto livello ma non c’è sufficiente ritorno dal punto di vista del business. L’interlocutore a cui mi rivolgo per approfondire è Luca Cocolin, ordinario di microbiologia agraria al Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari dell’Università di Torino.
Buongiorno, professore. In quali ambiti agisce l’EIT?
Energia, digitalizzazione, salute, cibo… Nel 2017 è decollato il progetto EIT Food con l’obiettivo di partire dalla ricerca per arrivare a prodotti da mettere sul mercato. L’Università di Torino ha partecipato alla stesura di una buona proposta, sono stati selezionati con cura i partner della cordata e abbiamo ottenuto il finanziamento. All’interno dell’EIT Food vi sono dei “pillar” (pilastri): uno è sull’innovazione, un secondo è sulla creazione d’impresa, un altro è sulla comunicazione, un quarto è focalizzato sulla formazione universitaria e professionale.
Quali sono ad oggi i risultati di cui siete più soddisfatti?
Il programma quadro più importante all’interno del pillar educazione è quello della laurea in Food System. Gli studenti, nei due anni della laurea magistrale, possono visitare 3 università seguendo dei corsi specifici. Il titolo è internazionale e si basa su un inedito sistema di erogazione della didattica che utilizza strumenti innovativi – per esempio il lavoro di gruppo – per formare laureati che sappiano affrontare in maniera adeguata le sfide che ci aspettano. Altre iniziative sono rappresentate dalle Summer School, programmi intensi di una settimana su una tematica specifica. Alcune hanno come target gli imprenditori che non hanno avuto fin qui la possibilità di accedere a corsi di formazione adeguati.
È riuscita questa operazione? Gli imprenditori arrivano?
Assolutamente sì. Negli ultimi 5 anni l’industria alimentare si è resa conto che è necessario avere un contatto con le università e con gli enti di ricerca per migliorare la competitività. Ci sono problemi che altrimenti non possono essere affrontati. Le faccio un esempio: la consistente perdita di fiducia da parte del consumatore nei confronti delle industrie che producono cibo.
Come si può rimediare? Investendo in ricerca, in approcci innovativi in cui per esempio il consumatore è coinvolto fin dall’inizio nei processi decisionali. Si pensa a un nuovo alimento con determinate caratteristiche? Si parte con dei questionari molto ampi che possano raggiungere un numero elevato di persone; dopo di che si va avanti con dei focus group, dei “ConsumerLab” (tavoli comuni, per esempio tra un’azienda e le associazioni dei consumatori) e cose di questo genere. L’ente di ricerca o l’università dispongono degli esperti che possono aiutare l’industria.
Mi parli dell’aspetto della formazione.
Una delle attività che negli ultimi anni ha avuto un grandissimo successo a livello di healthy food (cibo salutare) sono i cosiddetti MOOC (Massive on line Open Course), corsi gratuiti che sono stati strutturati per raggiungere il consumatore. Quindi si utilizzano, in maniera molto semplice, piattaforme formative – quella che utilizziamo noi è FutureLearn – che sono in grado di erogare contenuti a un numero elevatissimo di persone.
Per esempio, i corsi sviluppati dall’Università di Torino sul collegamento tra cibo e salute hanno avuto negli ultimi anni più di 50 mila partecipanti nel loro complesso, un numero inaspettato. Evidentemente l’interesse da parte del cittadino è molto elevato. È risaputo che il cibo ha un ruolo fondamentale nella nostra vita non solo dal punto di vista nutrizionale stretto, ma anche da un punto di vista culturale e sociale.
Come funziona il master in Food system?
Il master in Food Systems immaginiamolo costruito con dei mattoncini che fanno capo alle diverse università e s’incastrano tra di loro, come in un ipotetico gioco del Lego. Così si predispongono diversi percorsi: Torino ha proposto come focus principale quello della sicurezza igienico-sanitaria.
Lo studente che s’iscrive da noi avrà un primo semestre sulla sicurezza igienico-sanitaria, dopo di che può scegliere se incastrare un secondo mattoncino nel quale prendere in considerazione aspetti di business e di management, e in questo caso va all’Università di Varsavia, ma può anche pensare all’Università di Hohenheim in Germania dove approfondirà tutto l’aspetto d’innovazione della produzione alimentare primaria. La stessa cosa avviene con il terzo periodo.
Molto interessante, anche perché sono state selezionate le migliori università dei diversi paesi. In Italia, come abbiamo visto, per il food, Torino.
Paola Chessa Pietroboni