Se fino agli Anni Cinquanta l’agricoltura era scarsamente produttiva – nonostante assorbisse come manodopera circa un terzo della popolazione italiana – l’Agricoltura 2.0, grazie all’impiego di fitofarmaci e fertilizzanti chimici, ha aumentato i rendimenti ma ha causato anche notevoli danni ambientali. Verso la fine del secolo scorso si è consolidata la fase 3.0 – l’Agricoltura di Precisione – che utilizza strumenti di geolocalizzazione satellitare per pilotare il lavoro delle macchine agricole. Da qui alla guida automatica il passo è stato breve.
Con l’aggiunta di un sempre più diffuso uso di Internet, una maggiore accessibilità dei dati e tecnologie di monitoraggio più specifiche, si è entrati nella versione 4.0: un’agricoltura smart o digital, caratterizzata tra l’altro dall’arrivo sul mercato di strumenti a costi più contenuti e di macchinari agricoli dotati di dispositivi informatici in grado di farli ‘parlare’ tra loro. E contrassegnata dalla cooperazione di diversi attori della filiera alimentare – ad esempio clienti e fornitori – che permette maggiore sicurezza, tracciabilità e ottimizzazione dei costi.
Agricoltura 4.0 significa dunque cooperazione e condivisione in termini di dati e informazioni tra diversi operatori e apparecchiature, lungo tutta la filiera. L’imprenditore agricolo può avere una visione completa di tutte le attività delle macchine sul campo e assicurarsi che stiano lavorando al meglio; può monitorare risultati e costi delle operazioni in ogni fase del processo.
Quali sono i principali benefici applicativi di Agricoltura 4.0?
L’analisi incrociata di fattori ambientali, climatici e colturali consente di stabilire il fabbisogno d’acqua e di nutrienti delle coltivazioni e di prevenire patologie o d’identificare infestanti prima che proliferino. In sostanza è possibile intervenire in modo mirato, incidendo positivamente sulla qualità del prodotto finito. Il beneficio quindi è sia qualitativo sia quantitativo: le aziende agricole hanno ottenuto da un lato un 20% di produzione in più, dall’altro prodotti di maggiore qualità senza residui di sostanze chimiche.
Quanto è diffusa l’Agricoltura 4.0?
Si stima che solo l’1% della superficie coltivata complessiva in Italia sia gestita con queste tecniche.
Dice Denis Pantini, responsabile dell’Area Agricoltura e Industria Alimentare di Nomisma: «L’Italia è rimasta indietro per ritardi strutturali, frammentazione e popolazione anziana. E la rivoluzione digitale è ancora agli inizi. Quasi marginale. Ma è solamente una questione di tempo, poiché il processo è inesorabile…».
Un’indagine recente ha segmentato la platea degli imprenditori agricoli: il 42% rientra nella categoria dei “realisti”, curiosi e interessati, ma privi delle risorse e delle competenze che consentono d’investire in strumenti innovativi; il 27% fa parte degli “scettici”, che ritengono si tratti soltanto di una moda temporanea. Il 18% – i “futuristi teorici” – pensa che l’innovazione sia essenziale per la crescita economica anche a costo d’indebitarsi. Infine la categoria degli “sperimentatori” – il 13% del campione – che crede e applica l’innovazione.
Tra i benefici portati dall’adozione di tecnologie 4.0 vi è la riduzione in sequenza: della quantità di fitofarmaci, concimi e acqua distribuiti per ettaro; dell’impatto ambientale; dei costi di produzione; dei tempi di lavoro. Nello stesso tempo è migliorata la qualità del prodotto e si sono incrementate le rese per ettaro o capo di bestiame.
Le sfide
L’Agricoltura 4.0 cerca di dare delle risposte ad alcune sfide che il nostro pianeta dovrà affrontare nei prossimi anni. La prima è riuscire a nutrire la popolazione numericamente in crescita con il minor impatto ambientale possibile; la seconda è liberare i terreni agricoli da micro e nano plastiche: le micro plastiche vengono ingerite dagli animali da cortile attraverso i vermi, mentre le nano plastiche, grazie alla loro minima dimensione, riescono a entrare in circolo nei vegetali.
Il guaio è che le sostanze chimiche nocive si ‘attaccano’ alle particelle di plastica, aggirando le barriere difensive degli organismi. Per entrambe queste sfide una soluzione radicale è rappresentata dall’indoor farming (agricoltura in interno o fuori suolo). Se il problema è il suolo, perché non disponibile o a rischio di contaminazione, si sta sperimentando come ridurne la necessità per la produzione agricola. Oltre ai vantaggi, come le rese elevatissime per metro quadro, la riduzione dell’uso d’acqua e di fertilizzanti, l’azzeramento di pesticidi e diserbanti, il fuori suolo garantisce anche l’indipendenza dalle condizioni climatiche.
Paola Chessa Pietroboni