La sua gestione è una sfida planetaria che richiede, oltre agli accordi internazionali, la collaborazione delle istituzioni nazionali e locali e di chi lavora la terra.
Invertire il processo di deterioramento dei suoli, oggi pericolosamente in atto – a causa di fenomeni come erosione, depauperamento dei nutrienti, perdita di carbonio organico nei terreni, impermeabilizzazione e altro ancora –, è indispensabile per poter nutrire una popolazione mondiale in continua crescita, proteggere la biodiversità e contrastare la crisi climatica.
Il 95% circa della produzione di alimenti a livello mondiale dipende infatti dal terreno. Ciò nonostante, pratiche agricole non sostenibili e sfruttamento eccessivo delle risorse naturali, uniti al citato incremento demografico, stanno mettendo a rischio i suoli del pianeta, un terzo dei quali è già deteriorato. Secondo gli esperti, questo potrebbe causare una perdita del 10% delle coltivazioni agricole entro il 2050. Il Direttore Generale della FAO, Qu Dongyu, esorta a impegnarsi per contrastare il fenomeno, dotandosi di personale tecnico e di strumenti per effettuare i monitoraggi, garantendo la conseguente gestione dei dati e la produzione di informazioni fruibili da tutti. Sono indispensabili politiche mirate e investimenti adeguati in ricerca, sviluppo e divulgazione, introducendo normative e incentivi efficaci.
La pedoteca del CREA
Condividendo tali obiettivi, meno di un anno fa, il 5 dicembre del 2022, in occasione della Giornata Mondiale del Suolo, il CREA (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria), il principale Ente di ricerca italiano dedicato alle filiere agroalimentari, ha inaugurato un’eccezionale pedoteca, tra le poche esistenti. È un’enorme banca dati vivente che custodisce migliaia di esemplari di suolo, differenti uno dall’altro fisicamente e chimicamente, prelevati in luoghi geograficamente lontani fra loro: 32.612 campioni conservati, custoditi in appositi contenitori di plastica. Al momento ne sono esposti circa 5.500. Di ogni gradazione di colore.
Giuseppe Corti, Direttore del Centro di ricerca Agricoltura e Ambiente del CREA, ideatore di questa raccolta, spiega: «È un magazzino con grandi scaffali su cui per ora abbiamo posizionato 10 mila dei 32.600 campioni di suolo che possediamo. Ciascuno è conservato sollevato dal pavimento e al buio, in un barattolo di plastica numerato, in quantità variabili tra 100 g e 1 kg e provenienti da 13.156 scavi pedologici effettuati in Italia». A cosa servono? Per esempio, a fare ricerche. «Se uno scienziato vuole studiare un terreno, noi gliene prestiamo un po’. Questi campioni sono stati raccolti in Italia dal 1990 ma ce ne sono anche 1.000 degli anni Trenta e Quaranta, importanti per confrontare com’è cambiato un certo suolo nel tempo. La nostra è la collezione più grande al mondo e non è un caso, perché i pedologi italiani sono tra i più bravi del pianeta».
Che esemplari conservate? «Di ogni tipo. Non ne esiste uno uguale a un altro, e ciascuno ha caratteristiche e colori tipici: alcuni grigi, altri più colorati. A me, per esempio, piacciono i suoli vulcanici: in superficie sono neri ma in profondità diventano rosso mattone e giallo paglierino».
In Italia il 60% del suolo appartiene a un unico gruppo chiamato “Inceptisol”, uno dei 12 ordini della tassonomia del suolo secondo il Dipartimento dell’agricoltura degli Stati Uniti.
Bisogna sottolineare che il terreno è una risorsa fragile. Per formarne un piccolo strato, il vento e l’acqua devono lavorare le rocce lentamente, per migliaia di anni, fino a frammentarle in tanti pezzettini (dal più grande fino al più piccolo si chiamano ghiaia, sabbia, limo e argilla). Il rischio è che questo lungo lavorio vada sprecato: il suolo può essere eroso, cioè spazzato via, oppure inquinato e privato delle sostanze nutritive da attività agricole o industriali. Anche quando viene asfaltato, il terreno è rovinato se non per sempre, almeno per migliaia di anni. È una risorsa non infinita che non va sprecata.
Non abbiamo rivali in Europa
Nel continente esistono altre 4 pedoteche, ma quella del CREA ha la più grande dotazione di campioni. Lo ha detto il presidente del Centro, Carlo Gaudio, alla cerimonia di inaugurazione svoltasi nell’azienda sperimentale di Fagna (Firenze): «È un patrimonio scientifico unico nel suo genere, che potrà dare importanti risposte sulla gestione agronomica della seconda metà del ‘900 e che attirerà numerosi qualificati ricercatori italiani e stranieri». Si tratta, infatti, di un capitale di conoscenze e di dati relativi al suolo, risorsa che talvolta è ancora sottovalutata, ma che condiziona la sicurezza alimentare, tutela gli ecosistemi e contrasta il cambiamento climatico. Tali informazioni costituiscono un database disponibile per tutti i ricercatori, che avranno l’opportunità non solo di accedere ai dati condivisi, ma anche di studiare i suoli già descritti dagli studiosi italiani, prendendone una piccola porzione per svolgere ulteriori analisi non ancora effettuate.
Paola Chessa Pietroboni