L’Italia ha il primato del buon cibo e del buon bere ma è soggetto passivo delle molte frodi che colpiscono il settore. Il dato delle merci fraudolente che ogni anno arrivano in Europa è impressionante: si calcola un valore di 121 miliardi di euro per i settori vitivinicolo, zootecnico e conserviero, per un fatturato di circa 3 milioni di euro al giorno.
Secondo la UE, l’Italia è il terzo Paese più colpito dal fenomeno (dopo gli USA e la Francia). Le frodi generano annualmente un danno che si può calcolare di 110 euro pro-capite oltre alla mancata creazione di 467mila posti di lavoro.
Il termine “agromafia” è stato coniato proprio per identificare l’insieme delle attività illecite di individui appartenenti a sodalizi criminali che investono denaro sporco nel settore agroalimentare e in cui si muovono in modo tentacolare, senza riguardo per le risorse della terra e per la salute pubblica.
Gli “agromafiosi” utilizzano i proventi di traffici illeciti – droga, prostituzione, armi – nel settore agricolo, usurpando in molti casi marchi e denominazioni di origine Made in Italy, ponendo in essere truffe e triangolazioni economiche (operazione di acquisto/vendita che rende complici 3 operatori, ndr) per accaparrarsi fondi pubblici destinati allo sviluppo agricolo.
L’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi (ICQRF) è coinvolto nelle più rilevanti operazioni di polizia giudiziaria nel settore agroalimentare, da cui nel 2019 sono scaturite 395 notizie di reato, 4.446 contestazioni amministrative e 2.034 diffide emesse nei confronti degli operatori. Impressionanti anche i numeri dei sequestri: circa 72 milioni di kg di merce confiscata per un valore di oltre 301 milioni di euro.
Il Report del Ministero delle politiche agricole sull’attività svolta dall’ICQRF, nel delineare un mercato illecito sempre più ramificato e pervasivo anche grazie al commercio on line, sostiene che, nonostante i più che apprezzabili risultati degli enti di controllo, non si può abbassare la guardia nel contrasto a un fenomeno che, oltre a costituire nella maggior parte dei casi reati penali, mette a serio rischio la salute specialmente delle fasce più deboli che, non potendo permettersi alimenti di provenienza certa, sono costrette a ripiegare sul low cost.
Cinque anni fa ho scritto un libro-progetto chiaroveggente per le scuole dal titolo “Virus Contraffazione”, sostenendo che la contraffazione si comporta come un virus che subdolamente si insinua nell’economia legale: mai come oggi tutti noi siamo in grado di comprenderne il drammatico significato.
Daniela Mainini
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