LA DISSALAZIONE DELL’ ACQUA

L’acqua dolce manca oggi, e domani mancherà ancora di più, in ragione della crescita della popolazione, sommata agli usi agricoli e industriali. Bisogna trovare in fretta delle soluzioni.

Di acqua sulla Terra in realtà ce n’è tanta, addirittura troppa in certi casi, ma quella dolce rappresenta un’esigua percentuale del totale, pressappoco il 2,5%. Per di più, è accessibile solo per lo 0,008%, perché per la maggior parte è inclusa nei ghiacciai, nelle calotte polari e nelle acque sotterranee. Ne deriva, ed è il dato più drammatico, che un terzo della popolazione mondiale oggi patisce uno stress idrico grave. In assenza di soluzioni efficaci e tempestive – che comunque sono allo studio – questo numero potrebbe ancora aumentare.

 

 

Uno dei sistemi più promettenti per far fronte al problema è rappresentato dagli impianti di dissalazione. Già oggi i quasi 16 mila che sono stati posizionati nel mondo – per lo più in Medio Oriente e Nord Africa – producono circa 95 milioni di metri cubi al giorno di acqua per uso umano, oltre 65 milioni dei quali – circa il 70% del volume complessivo dell’acqua desalinizzata – si ottengono con l’osmosi inversa, la tecnologia attualmente più diffusa. Spieghiamo che cos’è l’osmosi, un fenomeno naturale di importanza vitale per piante e animali. Si verifica ogni volta che due soluzioni acquose contenenti diverse concentrazioni saline vengono separate da una membrana permeabile all’acqua ma non a determinati soluti come i sali disciolti, gli zuccheri e le proteine. In questa situazione avviene il passaggio spontaneo dell’acqua dalla soluzione più diluita a quella più concentrata fino a quando si raggiunge la stessa salinità. La pressione che si genera (dal greco osmós = spinta) è la cosiddetta “pressione osmotica”. Il processo si può capovolgere esercitando una contropressione, superiore a quella osmotica: la citata osmosi inversa consente di rimuovere quasi totalmente dall’acqua le sostanze presenti, sia sospese che disciolte. L’acqua da trattare viene spinta nella membrana da una pompa, che esercita una pressione superiore a quella osmotica, così da ottenere due flussi in uscita: la parte di acqua in ingresso che attraversa la membrana costituisce il permeato (povero di sali) che si utilizza, mentre la rimanente parte, il concentrato, con un elevato addensamento salino, dovuto all’accumulo di tutti gli elementi che non hanno attraversato la membrana, va scartato. In questo modo, si produce mediamente un 20% di permeato rispetto al flusso in ingresso. Per gli impianti più grandi, che prevedono l’uso di più membrane in serie, questo valore può superare il 75%.  È questo dunque il principio su cui si basa l’osmosi inversa: il passaggio dell’acqua attraverso una membrana semipermeabile in senso opposto al naturale, con la generazione di 2 soluzioni: una ad elevata concentrazione salina e l’altra molto diluita.

L’ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) e l’azienda SEKO (un innovatore globale diventato leader mondiale in un settore strategico per il futuro del nostro pianeta come il trattamento dell’acqua) hanno sviluppato un inedito sistema di pompaggio ad alta pressione per impianti di dissalazione dell’acqua a osmosi inversa, con recupero energetico integrato.

Il prototipo, realizzato grazie a un finanziamento POC (Programmi Operativi Complementari del Ministero del lavoro e delle politiche sociali), ha costi contenuti, è di facile sviluppo industriale ed è pensato per comunità di modeste dimensioni, isole e piccole e medie imprese. La tecnologia fin qui realizzata, ulteriormente messa a punto e testata da SEKO presso lo stabilimento di S. Rufina in provincia di Rieti, grazie alla sua facile scalabilità, potrà assumere le diverse dimensioni richieste dal mercato.

La tecnologia sviluppata consiste nell’utilizzare componentistica di ampia diffusione, a basso costo e integrabile anche in impianti di piccola e media taglia (50-600 litri all’ora) a differenza di quelli per dimensioni medio-grandi (superiori a 2.000 litri/h) già disponibili sul mercato, e molto costosi.

Il processo di osmosi inversa rappresenta attualmente l’approccio più diffuso a livello globale per la potabilizzazione dell’acqua di mare. Da qui la necessità di integrare gli impianti di dissalazione a osmosi inversa con dispositivi come quello di ENEA-SEKO, in grado di recuperare l’energia dal retentato (la frazione liquida in cui si concentrano i costituenti rimossi), per riutilizzarla nello stesso processo con conseguenti risparmi sui costi energetici, come sottolineano i ricercatori del team di progetto. “L’insieme di costi contenuti, efficienza, facile scalabilità e durata in esercizio permetterà di soddisfare la domanda di nuovi utenti, in un’ottica di sostenibilità ambientale e di uso efficiente delle risorse energetiche e idriche”, concludono le due aziende partner.

Paola Chessa Pietroboni

direzione@cibiexpo.it

 

 

 

 

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