IL PISCO

Il distillato conteso da circa 4 secoli da Perù e Cile.

La parola “pisco” è di origine quechua (lingua ufficiale del gruppo etnico più importante dell’Impero Inca) e significa “uccello”. Ed è proprio nella città di Pisco, nella regione di Ica in Perù, che si attesta la maggior presenza di questi uccelli. Il termine “pisco” o “pishcos”, inoltre, si riferisce ad antichi vasai noti per la creazione di grandi giare in argilla, dette “pisco botijas” o “piscos”, all’interno delle quali il distillato veniva messo a riposare.

 

 

 

Sono tante le ipotesi sulla sua nascita: la più plausibile afferma che le barbatelle (le radici emesse dalla vite, ndr) sono state portate dai coloni spagnoli, i quali, solo successivamente, ne iniziarono le distillazioni.

Le prime testimonianze scritte trovate in Perù risalgono al 1613, anche se il Disciplinare di produzione sembrerebbe nato qualche tempo prima nel vicino Cile, indicandone le differenze nelle tecniche di realizzazione.

Dopo la vendemmia, con la vinificazione, si parte da una gradazione alcolica variabile tra gli 11 e i 14°; poi si riscalda e, con l’evaporazione dell’alcol a 75°, avviene la distillazione.

Prima di essere commercializzato, riposa in vetro o in acciaio per almeno 3 mesi.

Il Disciplinare peruviano prevede che il Pisco sia prodotto solo con l’alambicco di rame alimentato a fuoco diretto, di tipo Charentais. Questo metodo tradizionale, tramandato da generazioni, lo rende il più amato tra gli intenditori.

Nel vicino Cile, invece, il distillato si realizza in modo più industriale; questa pratica genera, a volte, una soluzione troppo alcolica che deve essere diluita con acqua. È ispirato al brandy francese, con il quale ha in comune il procedimento ma non l’affinamento (infatti non prevede in alcun modo l’invecchiamento in legno). Il prodotto finito oscilla tra i 38° e 48° alcolici.

Il terroir, protetto da una denominazione d’origine, ha un ruolo fondamentale; le zone di produzione lungo la costa sud, verso il confine con il Cile, sono 5: Lima, Ica, Arequipa, Moquegua e Tacna. 8 sono, invece, le “uvas pisqueras”. Tra le non aromatiche troviamo: Quebranta, Negra Criolla, Uvina e Mollar. Quelle aromatiche sono invece Torontel, Albilla, Italia e Moscatel. Può essere classificato in 4 tipi: puro, ovvero completamente fermentato e derivante da un solo vitigno; aromatico, prodotto da vitigni omonimi; mosto verde, che risulta più zuccherato poiché la fermentazione viene interrotta; e, da ultimo, acholado, ossia realizzato con blend di diverse varietà.

Alessandra Meda

alessandra.meda@cibiexpo.it

 

 

 

 

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