IL LATTE FA MALE?

Mitizzato un tempo come “alimento completo”, anche il latte è finito negli ultimi anni nel mirino di chi è alla continua ricerca di news sconcertanti.

 

 

 

 

C’è chi è arrivato a indicarlo persino come potente cancerogeno e alimento capace di favorire l’osteoporosi.  C’è qualcosa di vero?

“L’uomo è l’unico animale che beve latte dopo lo svezzamento!”. Non avete mai sentito dire questa frase? Per chi la propone, dovrebbe essere la dimostrazione di per sé lampante di quanto sia innaturale continuare a bere latte anche nella vita adulta. Basta però riflettere un attimo e non lasciarsi abbagliare dall’apparente forza di questa considerazione, per rendersi conto di quanto in realtà sia debole.

Per prima cosa, non continuiamo a bere latte umano ma vaccino, profondamente diverso; secondariamente, l’uomo non è solo l’unica specie animale che beve latte, ma anche l’unica che cucina lasagne, torte, polenta, per non parlare di tutto quello che troviamo e acquistiamo ogni giorno al super…

Detto questo, vista l’insistenza con cui in questi ultimi anni il latte viene periodicamente posto sul banco degli imputati, vale la pena di scendere un po’ più nel dettaglio di ciò che dice la scienza vera.

Sappiamo tutti che, per assicurare una buona massa e densità ossea, è fondamentale introdurre con l’alimentazione, soprattutto negli anni della crescita, un giusto apporto di calcio altamente biodisponibile e di altri minerali, quali il fosforo e il magnesio.

Non c’è dubbio che il latte e i suoi derivati siano tra le migliori di fonti di calcio, fornito tra l’altro in rapporto ideale con il fosforo, e non si contano le ricerche che indicano chiaramente come nei Paesi dove è diminuito il consumo di latte sia di pari passo cresciuta l’incidenza dell’osteoporosi. Eppure, nonostante queste evidenze, continua a essere avanzata da molti l’idea che addirittura il latte favorisca la fragilità ossea. L’ipotesi si basa sull’idea sbagliata che, poiché il latte induce un’acidificazione del sangue, questo comporti una perdita di calcio dalle ossa per via di una maggiore escrezione urinaria di tale minerale. Nella realtà, non è così per due motivi: prima di tutto, l’organismo è dotato di meccanismi efficaci per regolare la sua acidità, e non basta certo un normale consumo di latte per modificarla in modo sensibile; in secondo luogo, anche in presenza di un eventuale aumento dell’acidità, il nostro corpo è in grado di controbilanciare questo fenomeno aumentando l’assorbimento intestinale di calcio, così da mantenere la situazione perfettamente in equilibrio.

Quanto all’accusa che il consumo di latte sia associato a un maggiore rischio di sviluppare tumori, a oggi non sussistono prove che possano in qualche modo sostenerla. È lo stesso IARC (l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro) ad affermarlo, sottolineando che, al contrario, per alcuni tipi di tumore come quello al colon-retto è stato riscontrato un effetto protettivo del latte, mentre esistono solo ipotesi non sufficientemente provate che collegano un’assunzione molto elevata di latticini (si parla di più di 400 g al giorno) a un aumento del rischio di sviluppare il tumore della prostata. A porre una parola definitiva sulla questione “latte sì – latte no” è intervenuto infine, in tempi recenti, il Centro di Ricerca Alimenti e Nutrizione del CREA che, nelle sue “linee guida per una sana alimentazione”, ricorda che il consumo di latte e derivati è importantissimo soprattutto nell’infanzia e nell’adolescenza, e rimane indicato anche in tutte le altre fasi della vita perché fornisce nutrienti essenziali, con effetti positivi a tutte le età.

Giorgio Donegani

www.giorgiodonegani.it

 

 

 

La legge riserva la denominazione di “latte” solo a quello animale

Dunque, la definizione di “latte vegetale” è impropria. Ma si tratta di alimenti sempre più diffusi e apprezzati da un grande numero di consumatori che li scelgono per varie motivazioni: etico-religiose, intolleranze o allergie, oppure semplicemente per la gustosità.

In questi casi, più che di ‘latte’ vero e proprio – quello cioè che otteniamo con la mungitura di diversi animali (mucche, capre, pecore, ecc.) –, è giusto parlare di ‘bevande vegetali’, che possono essere il prodotto di piante, frutti e legumi.

Le materie prime da cui si ottengono sono:

  • frutta a guscio(noci, nocciole, mandorle, cocco, castagne, zigolo dolce o chufa, una pianta spontanea che produce tuberi commestibili dai molti nomi, tra i quali i cabasìsi, termine reso noto dal commissario Montalbano di Camilleri);
  • semi(grani di lino, sesamo, canapa, girasole e zucca);
  • legumi(soia, che contiene isoflavoni, sostanze che riducono il colesterolo cattivo nel sangue);
  • cereali e pseudo-cereali(riso, avena, farro, grano saraceno, miglio, quinoa, amaranto).

 

 

 

 

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