IL CURRY

Non è una spezia. Eh no, perché di fatto è… un “curry” di spezie, un miscuglio!

 A differenza di tutte le protagoniste degli articoli precedenti, non è il prodotto della parte di una pianta, come il rizoma per zenzero e curcuma, i fiori per i chiodi di garofano o la corteccia nel caso della cannella. Il curry è una mescolanza della quale i principali protagonisti sono curcuma, zenzero, coriandolo, fieno greco e peperoncino.

 

 

 

Ma se volessimo essere pignoli, in realtà il curry non è nemmeno questo, perché la definizione che abbiamo appena dato vale più per la nostra idea occidentale: una polvere giallo-verde dal profumo intenso e speziato, venduta in barattoli di vetro, che noi aggiungiamo a piacere ai nostri piatti, sia mentre li stiamo cucinando sia a fine preparazione. Se però ci affacciamo al Sud-Est asiatico, all’India, alla Thailandia o persino al Giappone, quando parliamo di curry non ci stiamo riferendo a un ingrediente, ma a un intero piatto, di carne o di verdure, condito con una salsa speziata e piccante!

Il termine inglese “curry” compare verso la fine del XVI secolo e sembra derivare da una parola della lingua tamil (parlata nell’estremo Sud dell’India): kari, che indicava una salsa, o un condimento per riso, per poi evolversi e allargare il suo significato al piatto intero. Ecco, un po’ come noi oggi diciamo “mi mangio un’amatriciana” sottintendendo che ci mangiamo pure la pasta, mica solo il sugo! Allo stesso modo, il curry è l’intero piatto. Che poi può variare moltissimo, oltre che per gli ingredienti (carne, pesce, riso) anche per la selezione di spezie che l’insaporiscono.

La prima ricetta “inglesizzata” che abbiamo a disposizione proviene dal libro di Hannah Glasse The Art of Cookery Made Plain and Easy (L’arte della cucina chiara e semplice) del 1747. Vediamola insieme. S’intitola: “To make a Currey the Indian way”, cioè Fare un curry – all’epoca scritto con la ‘e’ – alla maniera indiana.

“Prendi due polli, o conigli, e tagliali a piccoli pezzi; tre o quattro piccole cipolle, sbucciate e tritate finemente; trenta grani di pepe; un mestolo di riso; fai brunire sul fuoco un po’ di semi di coriandolo in una casseruola pulita, prendi un cucchiaino da tè di sale e mescola il tutto per bene insieme alla carne; metti tutto in una pentola da salsa o da stufato insieme a una pinta d’acqua e lasciala stufare finché la carne è pronta, dopodiché, aggiungi un pezzo di burro fresco, grande quanto una noce, mescola il tutto e, quando è omogeneo e denso, impiattalo e portalo in tavola. Se la salsa è troppo densa, aggiungi un po’ d’acqua prima che sia pronta e del sale se serve. Mi raccomando, la salsa dev’essere bella corposa!”

Questa ricetta ci offre un perfetto esempio di come un curry (piatto) possa essere tale senza contenere ciò che noi di solito intendiamo per curry (spezia)! Tuttavia, le prove archeologiche a nostra disposizione ci suggeriscono che l’idea di curry come piatto speziato sia molto, ma molto più antico! Nel sito di Mohenjo-daro (odierno Pakistan) gli archeologi hanno ritrovato mortai e pestelli vecchi più di quattro millenni e mezzo, usati per schiacciare spezie come senape, finocchio, cumino e tamarindo, con le quali i popoli dell’Indo insaporivano i cibi. I tre ingredienti storici dello stufato detto “curry” erano zenzero, aglio e curcuma. Ma come facciamo a saperlo? Beh, grazie a una tecnica usata dagli archeologi, chiamata “starch grain analysis” (analisi dell’amido, o dei grani di amido), con la quale riescono ad identificare residui di queste spezie sia negli scheletri, sia nei frammenti di vasellame, ritrovati negli scavi.

La storia del curry, poi, fa passi avanti ogni volta che nel continente indiano avvengono scambi e incontri che fanno arrivare nuovi sapori dal mondo. Per esempio, quando i portoghesi fondarono a Goa una loro base commerciale nel 1510, portarono in India il peperoncino, che a sua volta proveniva dalle Americhe! Insieme al pomodoro e alle patate.

La cucina Indiana è quindi in realtà composta da moltissimi piatti speziati, che gli inglesi, famosi latori di una sofisticatissima cultura e attenzione culinaria… , pensarono bene, nel ‘700, di raggruppare senza particolari distinzioni sotto il nome di curry. È un piatto con una salsa? Allora è un curry. Ma la polvere, la miscela che noi chiamiamo curry, e di cui in realtà esistono molti tipi e varianti, è un’invenzione dell’India britannica, composta per lo più da curcuma, coriandolo e fieno greco, cannella, cumino, pepe nero, zenzero e cardamomo, da non confondere con altre mescolanze “native” come il garam masala, “spezia calda”, forse tra le più importanti miscele del subcontinente indiano, i cui ingredienti sono invece: finocchio, cannella, malabathrum (foglie della pianta Cinnamomum tamala essiccate), pepe bianco e nero, chiodi di garofano, noce moscata, cardamomo verde e nero, cumino, coriandolo e peperoncino in polvere. Miscela di spezie che non viene usata in cottura, ma aggiunta a piacere, direttamente al piatto finito, prima di consumarlo!

Riccardo Vedovato

riccardo.vedovato1994@gmail.com

 

 

 

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