IL CAFFÈ SICILIANO

La tropicalizzazione del clima di diverse aree temperate da un lato allarma, dall’altro incoraggia esperimenti colturali. In questi ultimi anni, nel Sud Italia – sia per ragioni climatiche sia per una crescente richiesta di prodotti esotici – si sono diffuse coltivazioni di avocado, mango, papaya…

 

 

E la qualità si è sempre rivelata ottima. Si può osare di più? Alcuni imprenditori siciliani credono di sì, e sperimentano. In particolare, si stanno concentrando, in collaborazione con diverse Università, sul caffè. Messo a dimora in Italia per la prima volta proprio all’interno dell’Orto Botanico di Palermo un secolo fa con scopi scientifici – considerato allora non adatto a crescere in loco, per motivi ambientali – oggi sembra invece possa essere coltivato, in ragione della tropicalizzazione vissuta da diverse aree temperate, anche all’esterno della cosiddetta Coffee Belt, ovvero la regione equatoriale della Terra caratterizzata da un clima tropicale e subtropicale, con temperature moderate e abbondanti piogge.

In Sicilia, le aree costiere e quelle adiacenti alle pendici dell’Etna sembrano essere le più propizie per tali esperimenti, beneficiando di gradi di calore miti e altitudine favorevole.

Così, a Palermo, la famiglia dei torrefattori Morettino, circa trent’anni fa, ha piantato i primi semi di caffè, e da un paio d’anni, proprio in ragione del cambiamento climatico in atto, ha iniziato a raccogliere qualche frutto. Nel 2021 la micro-piantagione (non supera un ettaro) ha prodotto circa 30 kg di ciliegie di caffè, che sono diventate 50 kg nel 2022 e si prevede possano arrivare a 100 nel 2023. Oltre ai cambiamenti climatici, fondamentali sono stati alcuni accorgimenti: i Morettino hanno coperto, durante i mesi più caldi e soleggiati, le superfici laterali e superiori delle strutture metalliche sotto cui si trovano gli arbusti con teli ombreggianti, e durante l’inverno hanno vestito le volte delle serre con teli di PVC.

Come messo in luce da diversi ricercatori e vivaisti, la coltivazione del caffè in Sicilia può avvenire unicamente in ristretti areali caratterizzati da condizioni pedoclimatiche particolari e, comunque, sempre e solo in contesti nei quali l’uomo possa intervenire a modificare alcuni importanti parametri climatici come temperatura e umidità. La Coffea (genere di piante di cui varie specie sono coltivate per la produzione del caffè), infatti, esige terreni con pH vicini alla neutralità, ricchi di humus e sostanza organica, e non arriva nemmeno a fiorire se l’umidità relativa non è vicina al 90% e la temperatura compresa tra i 10 e i 30 gradi; calore elevato, insolazione diretta, siccità, picchi termici e venti forti possono essere letali.

Nonostante le complessità, un numero crescente di coltivatori siciliani sta sperimentando, con il desiderio di creare prodotti sostenibili, di alta qualità, in un contesto nuovo.

Dal momento che la pianta del caffè predilige l’ombra – e infatti negli altopiani del Costa Rica e di altri Paesi tropicali dove è diffusa viene coltivata sotto le chiome degli alberi d’alto fusto – Rosolino Palazzolo, a Zucco (PA), fa crescere le sue 800 piante di caffè Arabica sotto l’ombra di papaye e banani, all’interno di una serra fredda a bassissimo impatto ambientale, che ricorda una foresta pluviale dove, tra ottobre e maggio, la temperatura non scende mai sotto lo zero, l’umidità notturna si mantiene alta e quella diurna si riduce, progressivamente, fino a maggio, determinando un’attività vegetativa e fotosintetica per mesi quasi nulla, tipica dell’habitat naturale della pianta di caffè.

Sempre in serra, ma a Santa Croce Camerina, in provincia di Ragusa, sta coltivando la Coffea, da anni, Giovanni Balistrieri, a 80 m sopra il livello del mare. Ha piante adulte di Arabica di varietà miste  (Bourbon Rosso e Giallo, Typica, Catimor, Pacamara e Gesha) e piante giovani di Arabica e di altre specie. Essendo anche in questo caso la produzione contenuta, l’azienda utilizza la cascara (la polpa della ciliegia del caffè essiccata) e le foglie della Coffea per preparare infusi.

Gli incoraggianti risultati ottenuti in ambienti protetti portano a pensare che la coltura del caffè possa essere inserita nelle serre fotovoltaiche o nelle aree riparate dal vento sotto i pannelli dell’agrivoltaico, di cui abbiamo parlato nello scorso numero, posti a un’altezza tale da consentire lo sviluppo degli arbusti.

Le prospettive sono interessanti perché, come ha recentemente dimostrato uno studio condotto dal Dipartimento SAAF (Scienze Agrarie, Alimentari e Forestali) dell’Università di Palermo guidato da Vittorio Farina, coinvolgendo anche il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche, Chimiche e Farmaceutiche e il CREA, queste coltivazioni sono paragonabili, dal punto di vista delle componenti bioattive e nutrizionali, a quelle delle zone tropicali di origine. Non solo. Da un punto di vista organolettico, il primo caffè nativo di Sicilia si è dimostrato di altissima qualità, di grande finezza, con acidità equilibrata e una naturale dolcezza, con sentori particolari e unici: note di uva zibibbo, carruba, dolci profumi di fiori di pomelia bianca e zucchero panela.

Marta Pietroboni

marta.pietroboni@cibiexpo.it

 

 

 

 

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