In Italia si produce il vino di ghiaccio dal vigneto più alto d’Europa. È quello valdostano del Priè Blanc, situato tra gli 800 e i 1200 metri. Vino di ghiaccio, icewine in inglese o eiswein in tedesco: si tratta di un vino passito, prodotto non grazie a estati calde ma a inverni freddi, anzi ghiacciati; il risultato è un mosto povero di acqua e denso di zucchero. Forse i più noti sono gli eiswein di Paesi vicini come Germania e Austria, ma Ninive Pavese ci ha raccontato il vino di ghiaccio che porta il suo nome.
Siamo curiosi…
Ninive è il vino di ghiaccio dell’azienda agricola Ermes Pavese, mio padre, che l’ha fondata nel 1999 in località La Ruine a Morgex, in Valle d’Aosta, partendo da piccoli terreni di proprietà (allora 3 ettari, oggi 7) e lasciando quella che era l’attività di macelleria della famiglia. La prima etichetta è il Blanc de Morgex et de La Salle classico. Ma di lì a poco, nel 2001, nascono Nathan e Ninive, importanti variazioni del vino base.
L’idea di un icewine arriva da influenze estere…
Ma nel nostro territorio non mancava nulla per provare a farne una versione italiana. Così nasce l’idea di Ninive, vendemmiato a fine dicembre (salvo clima), quando le temperature sono sotto lo zero e gli acini sono completamente ghiacciati. La vendemmia si fa molto presto, verso le quattro e mezza del mattino, in modo che l’uva arrivi in cantina come è stata raccolta, cioè ancora gelata. Viene subito torchiata per poi rimanere in vasche di acciaio dove avviene la fermentazione e dove sosta per circa un anno. Segue l’imbottigliamento con un mese di affinamento prima della vendita.
Affascinante ma complicato.
Sì, va tenuto conto che questo tipo di vendemmia non è solo molto onerosa per chi la fa, a causa delle temperature decisamente rigide, ma mantenere il frutto così a lungo è molto impegnativo anche per la pianta. Per cui non viene mai utilizzata la stessa vigna per più di due anni consecutivi, altrimenti ne uscirebbe danneggiata. Quindi usiamo sempre porzioni diverse di vigneto e approfittiamo degli anni con le rese più alte per dare riposo alle piante. Per esempio, attualmente in commercio abbiamo l’annata 2016. La resa alta di quell’anno ha consentito di rinunciare ad altre vendemmie fino ad oggi. Del resto il Prié Blanc cresce su un terreno detritico e sabbioso strappato al ghiaccio che lo caratterizza per un’ottima acidità che ben si presta anche all’invecchiamento.
Elisa Alciati