Sono davvero nocivi o sono più pericolosi i pregiudizi che resistono ai progressi della scienza?
«Limiti al minimo l’assunzione di grassi saturi – quelli “cattivi” – eviti il burro e non nomini nemmeno lo strutto…». È il mantra che da anni ci sentiamo ripetere dal medico, come prima indicazione per mantenere il cuore in piena forma. A seconda della loro struttura chimica, i grassi si differenziano in due grandi categorie: saturi e insaturi.
Su questa distinzione si sono fondate le raccomandazioni dietetiche che definiscono “buoni” i grassi insaturi e “cattivi” quelli saturi. Erano infatti gli anni ‘50 del secolo scorso quando, con l’aumentare della diffusione delle malattie cardiocircolatorie (sino ad allora poco impattanti sulla salute pubblica), iniziò a diffondersi l’idea cha la qualità dei grassi nella dieta fosse determinante per la salute del cuore e del circolo sanguigno.
Il grande e autorevole nutrizionista statunitense Ancel Keys propose una teoria che sostanzialmente metteva sotto accusa i grassi di origine animale, particolarmente ricchi di grassi saturi, accusati di alzare il colesterolo cattivo e favorire aterosclerosi, infarti e ictus. La sua teoria venne accettata dalle maggiori organizzazioni mondiali per la difesa della salute (prima tra tutte l’Organizzazione Mondiale della Sanità), nonostante non fossero pochi gli studi che già allora ne mettevano in dubbio la validità.
In questi ultimi settant’anni, le raccomandazioni dietetiche non sono cambiate, attribuendo di fatto la patente di cibi sostanzialmente malsani ad alimenti come la carne (soprattutto di maiale), il burro, i formaggi, le uova e, più di recente, anche a grassi vegetali come l’olio di palma. Però riesce difficile comprendere la resistenza ad accettare oggi un’indiscutibile evidenza scientifica: ridurre l’assunzione di acidi grassi saturi non porta alcun beneficio rispetto al rischio di malattie cardiovascolari. Già nel 2010, una revisione di diversi studi pubblicata sulla rivista American Journal of Clinical Nutrition evidenziava come non ci fossero prove sufficienti per collegare l’assunzione di grassi saturi alle malattie cardiache; da allora si sono moltiplicate le ricerche a sostegno di come sia infondata l’associazione tra grassi saturi e maggior rischio vascolare.
Il consiglio è quello di riaccostarsi in modo decisamente più rilassato ad alimenti come il burro e il cioccolato fondente, e magari concedersi di tanto in tanto qualche golosa bruschetta al lardo, senza troppi sensi di colpa.
Giorgio Donegani
Per approfondire l’argomento
Vale la pena di citare l’enorme revisione condotta da Zhu Y, Bo Y, Liu Y e intitolata “Dietary total fat, fatty acids intake, and risk of cardiovascular disease: a dose-response meta-analysis of cohort studies”, pubblicata su Lipids Health Disease nel 2019, oppure l’altra imponente review scientifica del 2020 intitolata “Saturated Fats and Health: A Reassessment and Proposal for Food-Based Recommendations: JACC State-of-the-Art”, pubblicata sul Journal of the American College of Cardiology.