Molto diffusi nel Mar Mediterraneo, in particolare sulle coste adriatiche, i prelibati datteri di mare erano venduti in passato, quando non ne era vietata la pesca, allo stesso prezzo delle ostriche.
Nome scientifico Lithophaga lithophaga, guscio marrone e forma cilindrica: è il dattero di mare, prezioso mitile di cui in Italia dal 1988 sono vietate la pesca e la commercializzazione sia per la salvaguardia dell’ambiente marino che per evitarne l’estinzione.
La raccolta dei datteri comporta infatti la demolizione, anche attraverso l’uso di esplosivo, delle rocce calcaree in cui nascono e si sviluppano, impiegando dai 15 a 35 anni per arrivare a 5 cm di lunghezza e vari decenni per raggiungere gli 8 – 9 cm di un esemplare commestibile.
Incalcolabili sono poi i danni a livello ambientale che un solo subacqueo può provocare in poche ore d’illecita pesca: per procurarsi i datteri, infatti, si deve sbriciolare l’anfratto roccioso scavato dal dattero stesso che lì vive rintanato. Sotto i colpi dei martelli utilizzati per il loro prelievo viene così distrutta ogni specie animale o vegetale presente sulla roccia.
Un mercato illecito e fiorente, nonostante i divieti
Malgrado siano vietate e pesantemente sanzionate la pesca, la commercializzazione e l’importazione, per salvaguardare le coste dell’intero bacino del Mediterraneo, è tutt’oggi fiorente il mercato di datteri di mare offerti illecitamente da pescherie e ristoranti, che vendono in modo abusivo mitili razziati dal fondo marino nazionale o illegalmente importati.
Si pensi che nel periodo natalizio i datteri possono raggiungere il prezzo di 100 Euro al chilo e che per un piatto di linguine ai datteri viene distrutto circa mezzo metro quadro di fondale.
Particolarmente impegnate nel contrasto alla loro pesca sono le Capitanerie di Porto, che ogni giorno pattugliano le zone costiere a caccia dei “datterai” ovvero dei personaggi senza scrupoli che portano scempio e devastazione nei fondali marini e dietro i quali spesso si celano vere e proprie organizzazioni criminali allettate dai guadagni milionari.
Una motovedetta della Capitaneria di Porto.
Acquistare e consumare il saporitissimo mitile significa quindi alimentare il mercato illecito e la desertificazione del mondo sottomarino. Per questo è doveroso anche da parte dei consumatori evitare di mangiare i datteri di mare, segnalando alle Autorità l’eventuale pesca o commercializzazione e dando esempio alle giovani generazioni a cui dovremmo lasciare un mondo migliore di quello trovato.
Daniela Mainini
Presidente del Centro Studi Anticontraffazione
www.centrostudianticontraffazione.org