“Condividiamo Storia e Gusto”. È questo il motto della Confraternita del Morlacco e Bastardo del Grappa (C.M.B.G.), un gruppo di amanti del formaggio d’alpeggio, quello raro, che sta sparendo e che si vuole a tutti i costi preservare. «Volevamo creare questo sodalizio da molto tempo – racconta Germano Canil, esperto di formaggi e Gran Maestro della Confraternita – e nell’agosto del 2014 l’abbiamo fatto». L’obiettivo del gruppo è trasmettere alle nuove generazioni l’arte della preparazione di questi formaggi per garantirne la sopravvivenza.
L’oro della vacca Burlina
«Il Morlacco, detto anche Murlak, è un presidio Slow Food – racconta Germano Canil – e pare che il suo nome derivi proprio dai pastori Dalmati provenienti dalla Morlacchia (Dalmazia ndr) che si erano insediati in questo territorio». Si fa con il latte crudo intero delle vacche Burlina, una razza autoctona dell’Altopiano del Grappa, e il sapore è abbastanza salato, ma non piccante. «Ha un profumo molto buono e intenso – spiega ancora Canil – ed è un formaggio raro, perché si produce in alpeggio». Una volta fatta la cagliata nelle varie forme, si sala molto e a mano per conservarle meglio. Poi si mettono le forme a essiccare, anche per 4 mesi, sulle assi. Fino a 60 anni fa, si conservavano con un sistema particolare, utilizzando l’argilla della zona di Possagno. Le forme fresche di formaggio venivano interamente ricoperte di creta per isolarle dall’aria e non disperderne gli aromi. Poi si lasciavano ad affinare anche per 6-8 mesi, ottenendo quasi un “formaggio di fossa”. Oggi nessuno lo sa fare più perché, purtroppo, le tecniche non sono state tramandate di generazione in generazione, anche se la Confraternita sta cercando di recuperarle.
Un vero Bastardo
L’altro pilastro della Confraternita è il Bastardo (P.A.T. – prodotto agroalimentare tradizionale) le cui origini sono confuse. «È nato mescolando il latte di vacca avanzato dalla lavorazione del Morlacco con quello delle pecore e delle capre che vivono negli alpeggi più in quota – ha detto Canil – ed è sempre più raro, perché oggi le famiglie che risalgono i versanti per portare le mandrie al pascolo sono sempre di meno e il numero delle malghe si è drasticamente ridotto, fino ad arrivare a 12 in tutto». Ma c’è ancora chi non molla e, nonostante le difficoltà, continua a produrre il Bastardo, da giugno a settembre, per preservare il formaggio, e insieme il territorio, anche se non usa più latte ovino o caprino, ma solo quello di vacca.
Bianca Senatore