GARUM, IL CONDIMENTO DEL NOSTRO PASSATO REMOTO

La necessità di caratterizzare i sapori dei cibi cotti, sin dai primordi dell’alimentazione umana, aveva generato la ricerca di condimenti dal gusto deciso, quasi sempre acidulo, per la convinzione diffusa che, oltre a correggerne il sapore, migliorasse la digestione di ogni alimento. Fra questi, oltre all’aceto e al sale, il vero protagonista è il “Garum”, che diventa il condimento principe di ogni preparazione, sia salata sia dolce e, addirittura, nelle conserve di frutta.

 

 

Le illustrazioni sono di libero Gozzini, che dal 2009 è tra i fondatori, nonché docente e consulente, del Mimaster di Milano.

 

 

Per datare la sua diffusione, dobbiamo risalire a prima di Cristo, dall’Oriente alla Grecia antica e, quindi, nella Roma Imperiale dove si afferma in modo clamoroso e resta in auge fino al Medioevo.

Ma com’era fatto questo “Garum”?

Era detto anche “liquamen” e poteva variare secondo gli ingredienti utilizzati e la destinazione finale. Si trattava di un condimento semiliquido, frutto della fermentazione al sole di pesci diversi che, filtrato, diventava “Garum”. La parte solida restante, l’”allec”, era destinata a utilizzi semplici, quasi sempre per gli schiavi. Per il Garum vero e proprio, come dicevo, esisteva quello “di Serie A”, preparato con polpa di pesci più nobili (alici, triglie, salmoni, anguille e, soprattutto, sgombri), e uno “di serie B”, costituito da un insieme di interiora e residui di pesci meno importanti. Per il primo, esisteva addirittura una selezione accurata da parte di esperti per la loro conservazione in contenitori di varie dimensioni e foggia, per la vendita, a caro prezzo, presso le famiglie più facoltose. I Garum più popolari e accessibili a tutti erano venduti invece a “mestolate” prelevate da mastelli o barili di legno.

 

Esiste una descrizione sulla preparazione del Garum più “ricco” che recita:

Si prendano pesci grassi come salmoni, anguille, salacche (pesce sotto sale), sardine; quindi a tali pesci si uniscano sale, erbe aromatiche secche come aneto, menta, levistico (tipo di sedano), puleggio (una specie di menta), serpillo (un timo selvatico), ecc. Di queste erbe si disponga un primo strato nel fondo di un grande vaso impeciato (quasi vetrificato). Si faccia un altro strato di pesci, interi se sono piccoli, a pezzi se sono grossi. Si copra con uno spesso strato di sale e si ripeta l’operazione dei tre strati fino a che il vaso sia colmo. Si chiuda il vaso e si lasci macerare il tutto al sole per 7 giorni. Poi per 20 giorni si mescoli la salsa ogni giorno”

 

Poi si procedeva al filtraggio attraverso ceste apposite e si assaggiava la salsa; se mostrava evidenti segni di gusto sgradevole, si procedeva alla sua “correzione” con l’aggiunta di ottimo aceto, sale, erbe aromatiche e talvolta spezie.

 

 

L’origine del nome

 

Come in molti casi di una terminologia così antica, non si ha certezza dell’origine del nome ma solo deduzioni plausibili: secondo Plinio il Vecchio e Marziale, il primo Garum era fatto utilizzando un piccolo pesce, simile all’acciuga dal nome “Garus” o “Garos”; a questo proposito è curioso osservare che, con un termine molto simile, in Turchia è utilizzato tuttora un condimento quasi uguale.

 

 

 

 

Il “Garum” oggi in Italia

 

Potremmo dire che, anche oggi, il Garum esista, proprio come allora, a Cetara, splendido luogo della Costiera amalfitana, dove si produce la famosa “colatura di alici” e cioè il succo che fuoriesce dalla pressatura di alici, fino a una ventina di anni orsono conosciuto quasi esclusivamente nel territorio di produzione e poi, probabilmente, dopo essere stato scoperto e apprezzato da qualche chef emergente di successo, diffuso in tutto il territorio italiano e all’estero. Vediamolo più da vicino. La colatura di alici è una salsa liquida, trasparente e dal colore ambrato prodotta da un tradizionale procedimento di maturazione delle alici in una soluzione salina. Le alici utilizzate sono pescate nel territorio della Costiera amalfitana, secondo una tradizione religiosa, nel periodo che va dal 25 marzo, festa dell’Annunciazione, fino al 22 luglio, festa di Santa Maria Maddalena.

 

Anche la “Colatura di alici” vanta un’anzianità plurisecolare che si può far risalire e combaciare con quella del garum, mentre il suo utilizzo in cucina ha trovato una gamma di accostamenti indubbiamente più ampia, soprattutto come originale e gustoso condimento della pasta.

 

 

Le altre salse dell’antichità

 

Una ricerca di alcuni antropologi affermava che, oltre al garum, altre salse presero avvio fin dal tempo più remoto per rendere più completi i sapori della selvaggina e di altre carni dopo la cottura allo spiedo.

Si iniziò proprio dal garum, variandone gli ingredienti secondo i cibi ai quali doveva essere accostato, e si cominciò, fin dal primo secolo dopo Cristo, a integrarlo mescolandovi erbe e spezie finemente tritate. Per le altre salse, furono utilizzate erbe aromatiche oltre a quelle già indicate, dal nome quasi favolistico come: Silfio (detto anche Laser), Carvi (un tipo di cumino).

 

 

Una curiosità

 

Uno dei “Garum” più ricercati era quello di sgombro ed era commercializzato in specie di boutique alimentari dell’epoca, esattamente come avviene oggi per l’Aceto Balsamico Tradizionale e usato, come questo, “goccia a goccia”.

 

Toni Sàrcina

altopalato@altopalato.it

www.altopalato.it

 

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