DOLCE O SALATO?

La Società Italiana di Scienze Sensoriali (SISS), insieme alle principali realtà scientifiche che si occupano di Analisi sensoriale, ha avviato nel 2015 il progetto Italian Taste per affrontare il tema dei gusti degli italiani. Nel corso di tre anni, più di tremila consumatori si sono sottoposti a test studiati per fornire elementi di valutazione sulle loro scelte alimentari. Ora è cominciata l’analisi del materiale raccolto.

È possibile spiegare perché c’è chi va pazzo per il pesce e chi non lo può soffrire, chi ama gli spinaci e chi non li apprezza? Lo studio della SISS cerca appunto di capire come e da che cosa nascano predisposizioni, passioni e idiosincrasie.

 

 

 

 

L’origine del gusto è complessa: si va dal numero delle papille gustative situate sulla superficie della lingua, nell’alta laringe e nella parte posteriore dell’orofaringe al ruolo della genetica (per quanto riguarda per esempio la percezione dell’amaro), dalla sensibilità individuale fino alle abitudini familiari o ancora alle esperienze acquisite.

 

Sappiamo che le preferenze per il dolce e per il salato sono innate. La prima perché il dolce segnala che un cibo contiene calorie, la seconda perché il salato indica la presenza di sodio: calorie e sodio sono elementi indispensabili in una dieta equilibrata. Invece amaro e acido impariamo ad apprezzarli solo con l’esperienza e non tutti allo stesso modo. C’è chi è meno sensibile all’amaro e alla cremosità (quindi in genere mangia più vegetali) e non apprezza particolarmente i sapori dolci. Oppure c’è chi non sente in modo marcato il fastidio del piccante, della bocca che “brucia”, e tende per esempio a consumare più alcolici.

 

 

 

 

Le preferenze alimentari possono essere utilizzate anche per indagare la personalità? Il campo è scivoloso ma la psicologa clinica Jen Nash ci si avventura, sostenendo che con l’analisi dei sapori preferiti si arriverebbe a tracciare un profilo caratteriale. Per la serie: dimmi che sapori preferisci e ti dirò chi sei. Quindi attribuisce la bontà e l’altruismo ai patiti del dolce; l’amore per il rischio a chi predilige il piccante; la competitività ai tifosi del salato; l’ambizione e la pignoleria ai fan dell’aspro. Pessime notizie per chi ama l’amaro, che rientrerebbe nella categoria degli anaffettivi quando non addirittura in quella degli psicopatici. Ma lei stessa ammette che queste correlazioni, come possiamo immaginare, sono da prendere con estrema circospezione.

 

 

Paola Chessa Pietroboni

direzione@cibiexpo.it

 

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