Mozzarella a metà prezzo? Petto di pollo super scontato? Le offerte pubblicizzate dai volantini dei supermercati sono allettanti, ma cosa c’è dietro? Spesso ci sono vendite sottocosto, modifiche unilaterali dei contratti, pagamenti in ritardo e altri abusi a spese di chi lavora la terra e produce i cibi che mangiamo. Sono tante le pratiche commerciali sleali che devono subire le piccole aziende agroalimentari quando devono trattare con le grandi catene di supermercati, che oramai hanno una dimensione europea.
In nome di chi ha lavorato sodo
Quale agricoltore o allevatore può permettersi di imporre le proprie condizioni ai colossi della distribuzione? La sproporzione di potere è evidente ed è la Grande Distribuzione che detta legge. Per questo a giugno al Parlamento europeo abbiamo votato una risoluzione per chiedere alla Commissione di presentare una proposta di normativa contro le pratiche commerciali sleali nella filiera agroalimentare. Servono regole certe per garantire che chi ha lavorato sodo per produrre i cibi che troviamo sugli scaffali dei supermercati riceva in cambio un reddito equo. L’obiettivo è quello di arrivare a relazioni trasparenti e corrette tra produttori, fornitori e distributori di prodotti alimentari. Un obiettivo che serve anche a evitare sovrapproduzione, sprechi e rifiuti. Nel testo della risoluzione, approvata con 600 voti favorevoli, 48 contrari e 24 astensioni, si afferma che gli squilibri di reddito e di potere nella filiera alimentare devono essere affrontati con urgenza, al fine di migliorare il potere contrattuale degli agricoltori. Inoltre la vendita al di sotto del costo di produzione e l’uso di prodotti agricoli di base, come per esempio i prodotti lattiero-caseari, la frutta e gli ortaggi, quali “articoli civetta” da parte della Grande Distribuzione, rappresentano una minaccia alla sostenibilità di lungo termine della produzione della Ue di tali prodotti.
Alla Commissione abbiamo chiesto anche meccanismi di controllo efficaci, regole che permettono di avanzare reclami e denunciare scorrettezze, oltre che sanzioni dissuasive. I piccoli produttori, che stanno a monte della filiera agroalimentare, sono un patrimonio per tutta la comunità e non possiamo permettere che vadano in rovina per sostenere le aggressive campagne di marketing delle grandi catene di distribuzione.
Patrizia Toia